“Piantare alberi può salvare il clima?” ennesima puntata. In India una legge del 1927 tutelava la conservazione delle foreste. Dopo l’Indipendenza è stata aggiornata spesso per finanziare “iniziative”, “programmi”, “missioni” che culminano nella settimana del “festival della foresta” (Van Mahotsav).
Grazie a fondi internazionali per il clima, dall’inizio del secolo più di un milione di volontari coordinati da centinaia di Ong e – ipoteticamente – da migliaia di esperti, piantano centinaia di milioni di alberelli ogni estate.
Inoltre il Green India Challenge, una gara iniziata a Hyderabad (Telengana) nel 2018, è subito diventato nazionale. L’anno scorso l’Uttar Pradesh avrebbe battuto il proprio record del 2019 passando da 220 a 250 milioni di alberelli.
In teoria, il 60% dovrebbe sopravvivere. Se fosse così, l’India avrebbe già un terzo del proprio territorio coperto di foreste, lo scopo che – nel giugno scorso – Narendra Modi s’era impegnato a raggiungere entro il 2030. Ma in novembre alla COP di Glasgow, ha rifiutato di fermare la deforestazione entro la stessa data. Fermarla avrebbe danneggiato l’agricoltura e l’economia in generale.
E pensare che, per occultarla, il governo aveva già cambiato il sistema di rendicontazione…

Il saldo resta negativo: salvo siccità, ondate di calore e alluvioni, sopravvive un 10% degli alberelli, mentre 46 mila ettari/anno di foreste sono abbattuti per cambiare l’uso del suolo (land use). E un po’ a causa della “velocità” di alcuni cambiamenti climatici, scrivono Alice Haugan et al. su Global Change Biology (open access).
Siccome i dati nazionali non sono pubblici, hanno usato un data-set globale delle foreste e l’hanno correlato con i dati meteo indiani in un modello climatico “regionale”:
- la perdita annua di foresta è aumentata in modo sostanziale nel periodo… 2001–2018, per la maggior parte nel Nord-Est. La diminuzione delle tendenze temporali per le temperature e le precipitazioni era maggiormente associata alle perdite, ma con ampie variazioni spaziali e stagionali.
Stimano una perdita netta/anno di 20 mila ettari.
(E’ la prima volta che vedo usare la “velocità” delle tendenze climatiche, vorrei conferme e anche gli autori. Se è così, 75 anni e miliardi di alberelli non sono nemmeno riusciti a sostituire metà delle foreste abbattute. E quando il Forest Service diceva che il 25% dell’India era già coperto di foreste – rispetto al 19% nel 2000 – non la contava giusta…)
La parte interessante sono proprio le variazioni, anche degli ecosistemi circostanti, come Alice Haugan et al. spiegano su Carbon Brief. Una è inaspettata: la temperatura media aumenta, ma nel Nord-Est diminuisce…
Sulla tendenza delle precipitazioni a spostarsi tra i “neotropici” dal 850 al 1850 è appena uscito paper di Byron Steinman, Michael Mann et al. sui PNAS, ma non è in open access…
Sempre da Carbon Brief, Ellia Gilbert et al. mettono in ordine di importanza “le cause della fusione della Larsen C” in Antartide. Farà la fine delle sue vicine, le compiante Larsen A e B?
Avevo dimenticato di segnalare
- il post di Climalteranti in cui Elisa Palazzi racconta come, con chi e perché ha creato la serie di podcast “Bello Mondo” in 12 puntate;
- le ultime esternazioni di Nicola Scafetta ospitate dal solito sito di bufale. In sintesi ha cambiato idea di nuovo: le temperature, in calo dal 2004 e dal 2015 per via dei cicli solari di 11 anni, continueranno ad aumentare fino al 2060 per via di un ciclo astrologico “millenario“. Resta invariata l’idea che limitare le emissioni di gas serra sarebbe disastroso (i link rimandano alle temperature reali);
- la ricerca sulla tassonomia del negazionismo e le sue fonti d’ispirazione, di John Cook et al. raccomandata da Stefano Cosmaro.