Proprietà dell’esistenza

Caduta semplificazioni! Da un lato, l’Intelligenza Artificiale produce risultati che sorprendono – per la loro creatività, per esempio – chi la programma e la allena, al punto di vederla sull’orlo della coscienza. Dall’altro la coscienza resta un “problema tosto” strattonato di qua dalla metafisica e di là dalla fisica.

Ognuna delle sue manifestazioni – il libero arbitrio, per esempio – ha definizioni ancora più controverse di quelle dell’intelligenza. E’ un fenomeno immateriale, dice una parte della filosofia, la scienza riduzionistica stia al suo posto e si occupi di quelli materiali.

Immateriale un corno, rispondono varie scienze. E’ un fenomeno emergente dalle proprietà della materia, dalla complessità delle loro interazioni. E noi sì che sappiamo come studiarle tant’è che abbiamo “evidenze sperimentali”, mica come certi parolai, imbonitori, spaccia-miracoli e vit’eterne.

Di recente citavo fisici – Carlo Rovelli e i suoi amici Frank Wilczek e Sean Carroll – che si buttano nella mischia e mi sembrano ragionare in modo simile a quello di neuro-cognitivisti sperimentali – Giorgio Vallortigara, per dirne uno – anche se usano un linguaggio diverso. Sull’incomprensione che a volte ne risulta, cf. per esempio “Gli strati che costruiscono la nozione di tempo” (da “9. Experiential time” alla fine) di Carlo Rovelli.

A proposito dell’antica controversia del libero arbitrio, si son appena buttati nella mischia alcuni pesi massimi delle neuroscienze cognitive. Il fisico Christof Koch che dirige l’Allen Institute for Brain Science; Giulio Tononi, che ha formalizzato una teoria della coscienza chiamata Integrated Informaton Theory (IIT) e la moglie Chiara Civelli che raccolgono evidenze sperimentali da decenni in animali umani e non, moscerine della frutta comprese; le loro collaboratrici all’università del Wisconsin, Larissa Albantakis e Melanie Boly.

Chiara Civelli e Giulio Tononi mentre spiano i neuroni di un topolino addormentato.
Foto: John Maniaci, com. stampa Università del Wisconsin
, 2018

Su arXiv (h/t Philip Ball), hanno messo “Solo ciò che esiste può causare: una visione intrinseca del libero arbitrio“, il quale non esisterebbe stando a quanto “suggeriscono” gli esperimenti. Spoiler alert: il libero arbitrio esiste, i suoi effetti sono prevedibili e osservabili, e di per sé i neuroni non esistono.

Ci vorrebbe un’oca, ma non l’ho trovata.
L’ha trovata M.M., grazie!

Gli autori propongono un programma di ricerca basato sull’ITT. Prima definiscono i suoi assiomi e postulati tra cui un “substrato fisico della coscienza” (PSC), e i suoi principi.

(Cito quelli che trovo più importanti, ma non fidatevi e cliccate sui link, è tutta lettura gratuita. Uso “massimale” perché è una teoria logico-matematica e “potenza” per “power” perché è una teoria fisica, ma come si dice in italiano? Non fidatevi bis.)

Il principio di esistenza massimale determina la potenza causa-effetto, il valore Φ. Per esempio, “il mio corpo” è

L’altra metà del para-insieme. Fonte: Wikimedia

un caso paradigmatico di un “organismo” che funziona come un tutto unitario invece di un insieme di organi isolati. Dovrebbe avere un Φ più elevato della maggior parte dei suoi sottoinsiemi (il mio corpo meno un assortimento a caso di organi, per dire), super-insiemi (il mio corpo più alcuni indumenti) e para-insiemi (le mie orecchie e le mie scarpe).

Ha un’esistenza massimale? Mica tanto:

Tuttavia se l’IIT è corretta, il mio corpo dev’essere un massimale relativo di Φ e nel mio cranio dev’esserci un massimale più elevato, assoluto, di Φ che è specificato dal PSC della mia esperienza attuale, situato presumibilmente nelle aree corticali posteriori del mio cervello.

Quindi se cado in un “sonno senza sogni” e il mio PSC si spegne,

il mio corpo respirerà, il mio cuore pomperà sangue ma in un senso fondamentale, there will be nobody there—in fact, not even a body—soltanto un aggregato di entità molto più piccole. Eppure per l’amic* consci* che mi guarda, continua a esistere come prima.

Per un vero libero arbitrio la coscienza (PSC acceso) è necessaria, ma non sufficiente. Servono alternative: la libertà di immaginare molteplici azioni; ragioni: la libertà di valutarle e sceglierle; una decisione: una libera volontà; il controllo: la capacità e la libertà di eseguire un’azione.

Le alternative e le ragioni “non stanno nei neuroni” o da qualche altra parte nell’organismo tipo cuore o pancia. Perciò

è giustificato provare un senso di alienazione davanti alla simulazione al computer che prevede la mia decisione: i neuroni simulati sono davvero “non me” – non esistono davvero o non causano davvero anche se possono essere una scorciatoia operativa comoda per dispiegare ciò che esiste e causa e prevede quello che succede dopo.

(E’ un po’ quello che provavo l’altro ieri davanti ai modelli fondamentali multiuso dell’IA.)

L’IIT e l’arbitrio “veramente” libero che implica vanno ancora valutati concettualmente ed empiricamente, concludono Giulio Tononi et al., e fanno una serie di domande alle quali rispondere con degli esperimenti:

[…] La coscienza si accompagna alla presenta di un massimale elevato di potenza causa-effetto irriducibile (Φ)? Il massimale si disintegra quando la coscienza viene persa? Il PSC empirico del nostro cervello corrisponde a questo massimale?

Sembrano molti sicuri di sé, forse perché alcune risposte sono già in bibliografia, da prime tessere del puzzle. Accennano anche alla responsabilità individuale e sociale che deriva dalla loro definizione di libero arbitrio. Sono faccende morali e politiche, la teoria non c’entra…

In fondo, scrivono che il progetto è finanziato dalla fondazione Templeton, ma che non ne riflette necessariamente i valori, sottinteso “religiosi”. Sarebbe difficile. Per la famiglia Templeton, la coscienza è l’anima immortale donata da Dio a ogni embrione umano…

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