Pappagalli verdi

Ci sono mine antiuomo progettate per somigliare a giocattoli, attirare, mutilare e accecare dei bambini, scrive Gino Strada nelle “cronache di un chirurgo di guerra“.

Ci sono dittatori che mandano guardie del corpo a rubare il sangue della trasfusione di un paziente in un ospedale della Croce Rossa. Un chirurgo della Croce Rossa non deve parlare, non deve protestare. L’indomani Gino si dimette. Torna libero, fonda Emergency con la moglie Teresa Sarti, e non smette più di protestare.

Ci sono signori afgani della guerra che portano all’ospedale il nemico ferito, contrabbandieri che portano un tavolo operatorio nel territorio dei curdi assediati. Tutti armati, tutti che depongono le armi prima di superare il perimetro dell’ospedale.

Oggi sulla stampa, il buonista più odiato viene trasformato in un santo. Ateismo e bestemmie a parte, odiava troppo la guerra per esserlo. Amava troppo Teresa, Cecilia, “i ragazzi e le ragazze” di Emergency, dei centri sociali, delle proteste contro ingiustizie piccole e immense, sempre pronti a dare una mano. Amava troppo la vita e i suoi piaceri: lavorare, protestare, mangiare, bere e ridere insieme.

Era pacifista, non pacifico, in rivolta e disperato. I pappagalli verdi sono rivoltanti e “la disperazione è l’ultima a morire”.

Odiava la guerra, un crimine contro l’umanità, contro il senso di comune umanità. Non i combattenti che difendevano la vita della propria comunità. A modo suo ne faceva parte e certi comandati lo riconoscevano. Diventavano alleati o i contrabbandieri non passavano, ammiratori a volte come Ahmad Shah Massoud.

Senza Teresa, sarebbero state storie di solidarietà e rispetto tra maschi, ma l’importanza di Teresa aveva cambiato le regole e la cultura da baroudeur dei chirurghi di guerra.

Era la responsabile de l’intendance, di un’organizzazione meticolosa dalle retrovie al fronte, di un volontariato disparato, spontaneo, in rivolta, disordinato se non avesse avuto tanto da fare insieme.

Il tavolo operatorio era arrivato a destinazione tre giorni dopo che Gino le aveva telefonato l’elenco della spesa. Vaglia postali di 5 e 10 mila lire l’avrebbero pagato in una settimana e ogni mittente sarebbe stato ringraziato con una cartolina la settimana dopo.

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