Prima dose

Rapporto per amic* e conoscenti. Ieri mentre facevo “giardinaggio” sul balcone mi son stirata il triangolare dello sterno. Per non preoccupare l’angelo custode nonché capo-giardiniere, invece di andare all’ospedale della Fiera in bici chiamo un taxi. Tassista vaccinato con Pfizer, la seconda dose tre settimane dopo. A me daranno “quello… come si chiama, e la seconda dose dopo tre mesi. Così non potrà viaggiare… In Fiera c’è sempre casino, una coooda…”

Ha tutto il tempo di compatirmi perché siamo fermi in ingorgo a 60 metri da casa, una moto mezza infilata sotto una macchina, altre ferme attorno – un brutto incidente. Ho appuntamento alle 18.20. “Ce la facciamo.”

Arrivo alla Gate 6 alle 18.05. Nessuna fila. Mostro la stampata del codice, bella grande. “Brava”. Ricevo in cambio il n. Z 2692 e da quel momento a ogni bivio di quel labirinto qualcuno mi dice gentilmente da che parte andare ancora prima che lo chieda.

Prima tappa: la sala d’attesa. Il tempo di sedermi e aprire l’Economist, sullo schermo compare “Sportello 14 Z 2692”. Al 14 non c’è nessuno, ma la signorina del 15 è libera. Registra la mia tessera sanitaria, mi fa domande uguali a quelle del questionario che ho compilato – non lo vuole – e mi manda alla sezione anamnesi.

Altre signore non accompagnate fanno il mio stesso itinerario. Prima lei, no, no, prego. “Tanto non c’è nessuno.” La dottoressa dell’anamnesi rifà le domande di prima e firmo un formulario (sì, ho letto il testo sul sito delle Poste).

Terza tappa: sezione 2, modulo B “come Bologna”. Qui ci sono pareti divisorie, un’infermiera o dottoressa esce nel corridoio: “Venga da me”.

Vorrei tanto intervistarla, ma come senza farle perdere tempo?

Guardo il cell: 18.20, l’ora del mio appuntamento. “Visto come siamo puntuali?” AstraZeneca, procedura rapida e indolore. Mi tampona il braccio con l’alcol ancora e ancora. Non si preoccupi, ci metto sempre un po’. “Ha una camicia bianca, meglio non sporcarla.” Ma un cerotto? “No. O se c’è un’allergia è più difficile capire se è il vaccino o il cerotto.”

Nel frattempo elenca gli effetti collaterali e i rimedi. Sul gonfiore caldo al braccio devo mettere la borsa del ghiaccio; se mi gira la testa devo sdraiarmi per qualche ora; se ho la febbre prendere la tachipirina (omissis) e chiamare un medico se sento un dolore al petto quando respiro. Non vale quello al trasversale dello sterno, immagino. Mi manda in sala d’attesa con il foglio per il prossimo appuntamento. “Aspetti un quarto d’ora, se si sente bene torni a casa, se no si faccia subito riaccompagnare qui.”

Su una sedia non lontano dalla mia, c’è una delle signore del “prima lei”. Tutto bene? Non ha sentito niente, ma per prudenza preferisce aspettare 20 minuti, l’ha già detto a suo marito che l’aspetta all’uscita. Ecco spiegato il “casino”.

Nessuno dei vaccinati si sente male: le sedie a rotelle restano contro la parete. Usciamo insieme alle 18.42, ci fermiamo ad ammirare una cascata di glicini che arriva quasi fino al pianterreno. Ups, alle nostre spalle si sta formando una coda. La prima, e per colpa mia.

Scusate.

“Che spettacolo,” dice un signore. Non era colpa mia.

In questi giorni fra ville con giardini e case basse con grandi terrazzi c’è spettacolo in tutta la zona. Da qui si vedono alberi di tutti i verdi primavera e dovrei rientrare in taxi?

L’odore del bosso appena tagliato si sente attraverso la mascherina. Svolto in via Pagliano per i prunus. Il più grande e grosso all’angolo di viale Monte Rosa ha coperto l’incrocio di petali rosa (una vecchia conoscenza, ci passavo davanti per andare al Sole-24 Ore). Vorrei tanto fotografarlo, ma quando provo a inquadrare gli altri dietro, lo taglio a metà. E quando inquadro solo lui non si vedono i petali sull’incrocio.

“Che splendore,” dice una signora a me o al proprio cell mentre attraversiamo. Lo prendo per un incoraggiamento, riprovo, non mi viene proprio. Devio verso un’altra cascata di glicini, poi per vedere come sta il terrazzo dell’amica A. in via San Siro. La luce comincia a calare, proverò a fotografarlo un’altra volta.

Bref, arrivo a casa alle 19.23.

10 pensieri riguardo “Prima dose

      1. L’ho letto in read access, Paolo – https://www.nature.com/articles/s41562-021-01093-w.epdf – Sembra un po’ un tentativo di accreditare certe promesse di “benessere mentale” anche se
        Effect sizes were moderate at best… The evidence quality was generally low to moderate

        Se autori che lavorano in istituti di benessere mentale non riescono a trovare di meglio, forse la meditazione, la mindfulness e i cocktail di interventi non sono così efficaci come dicono nell’abstract e nella conclusione…

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  1. Purtroppo vedo solo la prima pagina. M’interessava capire se c’era stata una scrematura dei vari metodi, credo che alcuni siano sopravvalutati (ma magari qualcuno potrebbe essere efficace, se utilizzato con costanza e in modo appropriato).

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    1. quei pdf fanno spesso così, di solito basta aspettare. I vari interventi sono confrontati, ma la qualità degli studi non migliora. Sicuramente hanno un effetto, ci sentiamo sempre meglio se qualcuno ci ascolta senza giudicarci e si prende cura di noi, ma di solito dura poco perché il “malessere” è spesso dovuto a fattori/rapporti sociali (un licenziamento, per dire).

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  2. Bel racconto e complimenti per il traguardo!
    Conosco altre 6 persone che hanno fatto AZ e al massimo hanno avuto effetti collaterali come lei, il giorno dopo..
    Vince la classifica nel mio campionato, almeno per il momento, Moderna..2 vecchietti (tra cui mio padre) con zero effetti collaterali..anzi si sentono meglio tutta la settimana a seguire..che ci sarà dentro..un Thc? Si scherza ..bene via..almeno lei è fuori dal tunnel..

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    1. Grazie, Stefano. Anche le persone che conosco io fanno tollerato bene l’AZ, qualcuna con un giorno di febbre, qualcun altra con “stordimento.

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