Snowflakes

Dall’inizio della pandemia, John Ioannidis ha pubblicato ancora più paper del solito, la qualità ne ha risentito, la sua reputazione anche. Ora le riviste ad alto fattore d’impatto sembrano meno accoglienti.

Colpa dei social.

Insieme all’oncologo Vinay Prasad, nella stessa situazione ancor prima di paragonare sul proprio blog le misure per contenere il covid in USA all’inizio del Terzo Reich, ha appena pubblicato un “Commentary” per il modesto European Journal of Clinical Investigations (di cui Prasad era direttore fino al 2020):

Fatta la distinzione, delineano un vasto programma per azzittire la critica ossessiva di “uno o di una manciata di individui e del loro lavoro”:

  • Le opzioni di prevenzione e trattamento possono includere la consapevolezza, l’identificazione di e gli interventi attorno ai fattori aggravanti, l’imposizione di limiti al loro volume da parte dei redattori, l’abbinamento costruttivo di editoriali commissionati, l’incorporazione nelle riviste scientifiche di alcuni dibattiti accesi in luoghi non regolamentati come i social media o PubPeer [che è regolamentato], preservare la decenza e concentrarsi su prove e argomenti ed evitare dichiarazioni personali o (in alcuni casi) ignorare.

Inoltre

  • Abbiamo bisogno di ulteriori ricerche sul ruolo dei social media e delle critiche ossessive sulla cancel culture in corso, sulla credibilità dei social media, sull’uso/abuso dell’anonimato e dello pseudonimato e se potenziali interventi delle università possono migliorare la critica scientifica o farne un’arma pericolosa (to weaponize).

In attesa che i due esperti del Primo emendamento e/o altre leggi a tutela della libertà d’espressione facciano “ulteriori ricerche” e pubblichino i risultati, per evitare critiche tout court il Commentary costa $42.

Ilarità degli scienziati dei critici ossessivi sui social: “Non è satira, dico sul serio,” ed esempi della “decenza” di Prasad. (Ioannidis non twitta). Anche David “Orac” Gorsky si è procurato il pdf, il seguito nel suo prossimo post

Non so altrove, ma su Twitter va detto che l’ilarità è frequente.

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