Premio mucca sferica 2021

R.R. “Mucca sferica”. Palla di cannone, vanga e viti.

Premio sotto forma di Non Fungible Token, la scultura è mia e me la tengo.

“Illuminiamo di notte le foreste tropicali con una rete di lampade sopra la cima degli alberi”, scrivono Shunlin Liang et al., in un preprint in discussione sulla rivista Earth System Dynamics. Giuro:

Riassunto: grazie a una fotosintesi attiva 24/7, nell’arco di 16 anni gli alberi – massacrati dalla luce notturna insieme alla biodiversità necessaria alla loro sopravvivenza – catturano in media

  • 10,4 ± 0,05 petagrammi di carbonio/anno.

Cioè 10,4 miliardi di tonnellate, quasi tutto il carbonio contenuto nelle nostre emissioni annue di CO2 (36 Gt, 1 kg/CO2 = 0,27 kg/C). La media include le differenze climatiche in Amazzonia, Asia e Africa e si basa su uno scenario “a basse emissioni” (SSP 1.26) fino al 2030.

(Ci provano con più incertezze fino al 2050 e “in futuro” fino al 2100, salto.)

Nel “periodo iniziale”, la fotosintesi sottrae fino a 25 gigatonnellate di carbonio/anno dall’aria, posto che le foreste siano “strutturalmente intatte”, e che ricevano 200 w/m3 “da ogni direzione grazie a “molteplici lampade”:

  • I risultati delle simulazioni mostrano anche un impatto significativo sui climi locali. La temperatura media dell’aria aumentava di circa 1,3 °C, e le precipitazioni annue erano quasi raddoppiate. Globalmente però, la concentrazione atmosferica di CO2 calava rapidamente per diversi anni e si stabilizzava al termine dell’esperimento di illuminazione. Come risultato, l’aumento della temperatura media annua veniva ridotto di circa 0,5 °C.

Ci sarebbe un vantaggio economico, ma è un tantino vago. Gli autori sorvolano con discrezione sui m2 totali da illuminare e soprattutto sul costo dei 200 W/m2 in “energia pulita”, della rete elettrica da costruire aprendo strade nella foresta, prima di appendere ai pali la rete di lampade.

Per non dire della sua manutenzione.

Comunque paragonano il costo di questa “strategia” a quello stimato per la cattura diretta del carbone dall’aria (DACC):

  • Mentre l’efficienza dell’ecosistema delle foreste tropicali diminuisce nel corso di un’illuminazione notturna consecutiva, l’energia necessaria per catturare una tonnellata di carbone aumenta. Ciò nonostante, è inferiore a quella della DACC, o equivalente alle stime più ottimistiche per la DACC, poiché esclude il costo dell’energia per il trasporto, lo stoccaggio e l’uso del carbone.

Nel finale, accennano a qualche problema. Servirà molta energia pulita, la realizzazione sarà complicata. A differenza della fotosintesi inoltre, quando le luci sono spente e la CO2 è rimossa,

  • la respirazione notturna continua, e le foreste diventano una fonte maggiore di carbonio. […] Inoltre, i cambiamenti degli ecosistemi locali potrebbero avere un effetto negativo sulla fauna selvatica.

Andrebbero quindi studiati gli effetti non climatici conseguenti all’intervento di geoingegneria. Il “lato positivo” è che se la transizione tardasse, sarebbe “una soluzione d’emergenza” per arrivare a contenere il riscaldamento globale ben sotto i 2 °C.

Tuttavia

  • Per realizzare gli scopi dell’Accordo di Parigi, diversi livelli di geoingegneria (potenza dell’illuminazione, superficie, durata) potrebbero diventare necessari sotto vari scenari di emissioni antropiche: scenari con emissioni più elevate richiedono probabilmente livelli di ingegneria più elevati.

(h/t Aneurus, sotto gli Schneider Shorts di oggi)

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