Il mese scorso usciva il lockdown delle api contro la Varroa destructor su Science Advances, nel numero di oggi dei Proceedings Royal Society B esce un’altra puntata:
di Michelina Pusceddu e ricercatori dell’università di Sassari – di nuovo – e di Udine, coordinati da Alberto Satta e Francesco Nazzi.
Sono partiti dall’evidenza: la propoli è un buon antibiotico, le regine la usano per tappezzare le celle di covata, le operaie per tappare i buchi dell’arnia e attaccare i favi alle pareti. Sono intelligenti, ormai avranno capito che la propoli è efficace non solo contro i batteri e contro le muffe che fan venire la diarrea, ma anche contro il perverso ectoparassita, no?
(Non l’avevo detto, ma appena la maledetta femmina partorisce, i figli maschi prima ingravidano le sorelle poi succhiano insieme la linfa della povera larva indifesa…).

In un articolo del 2017 Michelina Pusceddu e parte degli stessi autori scrivevano che nelle colonie infestate, le bottinatrici uscivano più spesso a raccogliere resina, la materia prima della propoli, a scapito del polline. E concludevano:
- visto che in vitro tipi diversi di propoli hanno livelli inibitori vari contro svariati patogeni delle api, sarebbe molto importante studiare gli effetti contro la varroa di due tipi di propoli: quella delle arnie infestate e quella delle arnie varroa-free.
Hanno studiato.
Prima hanno analizzato la composizione della propoli nelle celle di covata di un’arnia varroa-free: conteneva più fenoli di quella usata dalle operaie per le riparazioni e la manutenzione. Antisettici, i fenoli non faranno bene agli acari neonati – la madre muore di parto – ma alle larve?
Per capirlo hanno allevato due gruppi di larve in celle di laboratorio, uno con e uno senza la propoli ad alto tenore fenolico ed entrambi con varroe incinte. Un terzo gruppo senza varroa ma con gli stessi fenoli serviva a verificare se erano tossici per le larve, le pupe e le api che ne uscivano.
Le varroe ne risentivano eccome: ne morivano un quinto nelle celle fenoliche rispetto al 6% nelle altre. E ne risentiva ancora di più la discendenza delle sopravvissute: soltanto un quarto riusciva a riprodursi rispetto a un po’ meno della metà.
Dalle celle non fenoliche uscivano api malconce, deboli, infette con il virus delle ali deformi portato dalla varroa.
Siccome il miele e la propoli sono immagazzinati nelle celle di covata una volta libere, Michela Pusceddu et al. hanno fatto il test della dieta. Hanno chiuso in gabbiette delle api adulte nate in celle o infestate o varroa-free e le hanno alimentate
- ad libitum con una soluzione di saccarosio ed estratto di propoli e una di solo saccarosio.
Tutte mangiavano ad libitum quella con l’estratto di propoli. Le api nate sane vivevano più a lungo, ovviamente, ma le infette morivano meno e più tardi delle api che ricevevano solo saccarosio. Eppure avevano quasi la stessa carica virale per il virus delle ali deformi.
- Per controllare indirettamente la presenza di possibili infezioni secondarie innescate dagli acari, abbia valutato l’espressione di due geni antimicrobici delle api: Apidaecin e Defensin.
L’Apidaecin era molto più attivo che nelle api sane, il Defensin appena un po’ di più, una differenza non significativa.
Vuol dire che le mellifere d’allevamento hanno già evoluto le difese collettive e individuali necessarie, e sanno scegliere la dieta giusta. QED. Allora perché non riescono a liberarsi del feroce acaro?
- Nel corso del tempo, la deposizione della propoli nelle arnie è stata selezionata negativamente [scoraggiata] dagli apicoltori perché quel materiale appiccicoso ostacola lo spostamento dei telai [4].
Schiavisti! Ingrati! Ma nei buoni propositi per l’anno nuovo
- andrebbero promosse strategie che stimolano la raccolta di resina e l’immagazzinamento della propoli.
Tenere le arnie per sei mesi dove ci sono alberi resinosi, o piantare abeti nani come siepi. Non raschiar via la propoli dai telai o solo quella da aggiungere alla dieta invernale.
- Speriamo che questo lavoro stimolerà ulteriori studi per valutare il potenziale della propoli nel controllo della V. destructor: una questione strategica per preservare la sostenibilità dell’apicoltura e, a sua volta, della produzione di cibo.
E i consumatori di prodotti naturali potrebbero sostituirla con altri integratori se non possono farne a meno, o vaccinarsi contro l’influenza e curarsi con farmaci efficaci…