La società delle estranee

Sto rileggendo Le tre ghinee di Virginia Woolf, dicevo ieri a Leonid S., femminista a modo suo, ma è ucraino e sua moglie viene da un paese baltico sotto tiro.

Bisogna fare come nelle Tre ghinee mi diceva poco dopo F.C., un’amica femminista “storica” anche lei, rivendicare un’indifferenza, un’estraneità radicale, “né con lo Stato né con le B.R.”, ricordarci che abbiamo progetti per una società diversa.

Ma il femminismo è cambiato, obietta oggi M. che si definisce eco-femminista e trova più rilevante Rachel Carson. Siamo cambiate anche noi, ma sappiamo di avere le stesse antenate, gli stessi obiettivi. Le ho risposto così, ma a volte non ne sono così sicura.

Mi sembra che a femminismo si aggiungano troppe preposizioni e qualificativi, che a furia di rivendicare diritti dalla e nella società patriarcale, si perda di vista il desiderio di libertà e di giustizia che ci unisce, di una società senza patrie né patriarchi. Orizzontale, rizomatica, fatta di relazioni e di “politica della differenza”.

Mi ha rassicurata ritrovare quel desiderio espresso “con amore e rabbia” nell’appello di Non una di meno allo sciopero di oggi “contro l’intensificazione della violenza patriarcale”. Non cita Le tre ghinee, ma conclude con una frase del manifesto delle femministe russe: “Siamo l’opposizione alla guerra, al patriarcato, all’autoritarismo e al militarismo. Siamo il futuro che prevarrà”.

Virginia Woolf aggiungeva il nazionalismo, il capitalismo, il consumismo, la mercificazione del sapere e della cultura, e altro ancora, ma è un buon riassunto.

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