Un po’ su richiesta di condomin* e parecchio in ritardo. Ho un’attenuante: dovevo finire di correggere i link che rimandavano al blog precedente oltre a una quantità mostruosa di refusi nell’archivio.ocasapiens.org. Poi li correggo anche qui, nel frattempo:
Da quello che ho letto finora, nessuno dei bambini da 0 a 16 anni affetti da un’epatite a volte molto grave è stato vaccinato contro il covid. Su 169 casi segnalati all’Oms, 74 sono portatori di un adenovirus, ma solo in 18 sarebbe quello “F tipo 41” associato di solito alla diarrea – e all’epatite tra altre ipotesi.
Covid
Refrain al bar sotto casa: “ce lo stiamo dimenticando, finalmente.” Forse, ma tutti entrano con la mascherina e se la rimettono appena bevuto il caffè. Saggia precauzione, trovo. In molti paesi e perfino in Nuova Zelanda, le nuove varianti Omicron stanno causando più decessi delle precedenti (in Nuova Zelanda sono comunque pochissimi). Per i dati sulla variante Omicron BA.2.12.1, Eric Topol spiega i dati USA.
Su Science, Jon Cohen descrive un nuovo vaccino a mRna “auto-amplificante”, a basso costo, da produrre in Vietnam, ma per ora sui risultati del trial – concluso prima di Omicron – c’è solo un com. stampa.
Su Nature Reviews Neurobiology, Stéphane Kremer e Rolf Jäger aggiungono altre “limitazioni” alla ricerca uscita il 7 marzo che mostrava una “associazione” tra covid grave (i.e. da ricovero), cambiamenti della struttura cerebrale e disturbi sensoriali e/o cognitivi conseguenti.
Invece Xan Lie e Ziyad Al-Aly del Veterans Affairs Healthcare System confermano osservazioni sparse con lo studio di una “coorte” gigantesca. Hanno confrontato le cartelle cliniche di 181 mila pazienti sopravvissuti per almeno 30 giorni al covid con quelle dei gruppi di controllo: 4,1 milioni di pazienti non infettati dal coronavirus tra marzo 2020 e settembre 2021 e 4,3 milioni di pazienti curati nel 2017 (gruppo di riferimento). Entro un anno dopo il covid, il rischio di diabete, quasi sempre di tipo 2, e le prescrizioni di anti-iperglicemici per oltre 30 giorni erano superiori in media del 40% e di più con la gravità della malattia.
Nei tre gruppi le donne erano l’11% e le persone sovrappeso il 6% (pensavo di più forse perché l’obesità è un fattore di rischio per il covid).
In realtà le cartelle cliniche erano più di 12 milioni, ma hanno cercato di eliminare i fattori “confondenti” – elenco lunghissimo! – per arrivare a un centinaio di parametri omogenei anche per le co-morbidità. Non fanno ipotesi sul perché il diabete fa parte del long covid.
Preprint, quindi cautela, ma di un gruppo con una buona reputazione, tanto più che è una conferma di parecchi dati già esistenti. Questa volta sono ottenuti con gli stessi metodi e gli stessi strumenti (platforms), così i margini d’errore non si sommano. Zeli Zhang e molti altri, tra cui Alba Grifoni e Alessandro Sette del Center for Infectious Diseases & Vaccine Research, hanno paragonato i livelli di 14 tipi di anticorpi e di cellule del sistema immunitario contro il Sars-Cov-2 prima e fino a 6 mesi dopo vaccinazioni con Moderna e Pfizer (mRna, 2 dosi), Johnson & Johnson (vettore: un adenovirus innocuo, 1 dose) e Novavax (pezzi della proteina spike del Sars-Cov-2, 2 dosi).
Per la maggior parte dei volontari, i vaccini a mRna restavano i più “immunogeni”, al pari con il Novavax per alcune cellule della memoria immunitaria. Con il Johnson & Johnson, i livelli restavano stabili per sei mesi e in alcuni volontari aumentavano un po’ nel tempo, ma erano più bassi dall’inizio.
“Limitazioni”: le analisi non riguardano l’immunogenicità contro le prime varianti Omicron, già fatte e pubblicate da altri, tutte in open access nella bibliografia.
Come al solito, nella dichiarazione di conflitti d’interesse Alessandro Sette cita Moderna e una dozzina tra aziende biotech e fondi d’investimento in startup biotech. Siccome ha progettato ed è il capo-curatore dell’Immune Epitope Database (epitopi umani e non), in USA è un po’ lo specialista di riferimento.
Leonie Flood et al. hanno scoperto che in Australia circa il 25% degli autori non hanno dichiarato i propri legami con l’industria farmaceutica che produceva il farmaco nel riferire i risultati di 120 esperimenti clinici svolti tra gennaio e settembre 2020…
Su PubPeer, scriveva ieri un amico, in una settimana sono comparsi altri 34 paper “problematici” del prof. Francesco Squadrito, un farmacologo dell’università di Messina, e del suo gruppo di co-autori abituali. Tende anche lui a non dichiarare i propri conflitti d’interesse.
A proposito di una rassegna su Nutrients, Actinopolyspora biskrensis chiede agli autori se possono descrivere i rapporti tra “Dr. Francesco Squadrito and Primus Pharmaceuticals” che produce un “integratore dietetico” in grado, tra altri benefici pubblicati dal prof. Squadrito, di ringiovanire la pelle delle donne post-menopausa.
L’interessato risponde:
- We received liberal donation for performing part of our research. There is no paid position nor we received royalties for related patents. Please could you disclose yourself, so I can directly explain you
Eppure a p. 6 del suo cv linkato da A. biskrensis, ha scritto:
- RESPONSABILE DI PROGETTI DI RICERCA FINANZIATI DA ENTI PRIVATI DI RICERCA:
2005 ad oggi- Primus Pharmaceuticals srl Scottsadale Arizona USA- Uso
farmacologico delll’aglicone genisteina – Investigatore principale
Primus non risulta essere un ente di ricerca, e nemmeno le altre aziende di cui il prof. Squadrito si dichiara “Investigatore principale”.
Altra cosa interessante, i suoi paper più citati sono rassegne comprate su riviste Hindawi – non il top ma almeno cerca di migliorare il livello, non sembra il caso delle riviste Mdpi.