Si chiama “schiavitù”

Ieri e l’altro ieri ero a Bologna all’assemblea di Action Aid-Italia. In parallelo c’erano riunioni delle e dei responsabili di Action Aid in quasi cinquanta paesi e il Festival della partecipazione. Volti nuovi e giovani dappertutto, in maggioranza di donne.

Hanno progetti e desideri che devo immaginare con e oltre le loro parole. A volte mi sembrano smisurati. Siamo così diverse. Meno male. Poi ci ritrovo un po’ della storia/Storia che ci accomuna. Siamo così uguali, sembravano smisurati anche i miei.

A colazione con Angeline di AA-Haiti, parliamo di Paul Farmer – fondatore di Partners in Health e dell’ospedale universitario “solare” di Mirebalais. Ha saputo della sua morte da amici, “non dai giornali, c’era la guerra in Ucraina.”

“Hai letto The Uses of Haiti?” chiede. Certo, è così che l’ho conosciuto! Per lei è stata una rivelazione, conosceva la storia dell’isola, non le sue conseguenze sanitarie e internazionali. Figurarsi io. A scuola, mi avevano fatto credere alla generosità della Rivoluzione che abolisce la schiavitù, e dell’Impero disposto a trattare l’indipendenza dell’isola, ma non con l’ingrato Toussaint Louverture, un ex schiavo.

(In breve, non è andata così. Saint Domingue deve dare alle altre colonie l’esempio del disastro che sarebbe successo se avessero tentato di ribellarsi. A questo scopo, in cambio dell’indipendenza l’Impero pretende il versamento di 150 milioni di franchi. Per pagarli i governi di Haiti sono costretti a indebitarsi con banche francesi che esigono un interesse spropositato e i faccendieri delle tangenti. I governi haitiani che ne denunciano le frodi e magari osano chiedere risarcimenti sono presto rovesciati…)

Poi è arrivata Chiara, mi ha mostrato sul cell la notizia della decisione della Corte suprema statunitense su Roe v. Wade. Senza dire niente. A tutte noi, penso, è venuto in mente il legame tra la schiavitù e l’illegalità dell’aborto negli Stati Uniti. Le schiave non avevano diritti, il/la proprietaria aveva quello di sterilizzarle o di rinchiuderle in una stanza dal concepimento al parto…

Era diventato illegale in tutto il paese soltanto dopo la guerra civile e soltanto quando il feto aveva iniziato a muoversi (dal quarto mese circa).

Volevano leggi statali più restrittive molte chiese e i Democratici “Blue dogs” prima del New Deal. Negli anni Sessanta il movimento femminista (NOW in particolare) faceva campagna contro quelle entrate in vigore negli stati del Sud. Però era stato fondato da bianche che le afro-americane sospettavano di razzismo e di ipocrisia. Mentre le femministe le sospettavano di accettare il patriarcato e la misoginia delle Pantere nere. E mentre alla testa del movimento per i diritti civili c’erano uomini di chiese contrarie all’aborto.

Equal rights, ma l’aborto non un “pari diritto”.

Women’s march in Los Angeles, 2017 (Pixabay / Creative Commons)

Così fra le femministe americane che conoscevo, si evitava di parlare delle schiave stuprate dal padrone bianco, a volte era il loro padre, e costrette a partorire figli meno scuri e più redditizi.

(Non succedeva solo alle schiave e non solo in USA; anche gli scambi di figli contro altri beni sono dei commerci, ma sono altre storie.)

Poi sono cominciati a uscire i saggi di una nuova generazione di storiche. Per me e altre lettrici della mia generazione, immagino, sono il palinsesto del Racconto dell’ancella (bianca) e dei Testamenti, della Gilead di Margaret Atwood. (C’erano schiavi anche in Canada, in maggioranza autoctoni ritenuti così “inferiori” da non venir usati per la riproduzione.)

In un suo breve articolo ripreso dal Guardian quando la bozza della sentenza era stata “leaked” il mese scorso, scriveva

  • Costringete le donne a partorire se proprio volete, ma almeno chiamate quella costrizione quella che è. E’ schiavitù: la pretesa di possedere e controllare un corpo altrui e di trarne profitto.

Il paragrafo inizia con “Nessuno costringe le donne ad abortire,” ma non è vero e credo che non lo sia mai stato. In Surfacing, un suo romanzo di almeno 50 anni fa, la protagonista cancella/sostituisce il ricordo del proprio aborto. Quando l’ho letto, ho pensato che se non ci fosse stata costretta dai rapporti di potere…

Forse dovrei rileggerlo.

Tutto questo per dire che molti uomini, grazie, sostengono pubblicamente che una donna deve essere libera di decidere se riprodursi e con chi, senza rischiare la propria vita, usando un linguaggio medico e/o quello legale dei diritti umani.

Ma questa è una nostra libertà, non un diritto di tutti gli esseri umani.

Troppo spesso, anche le donne confondono diritti e libertà. Mi sento a disagio quando Action Aid e altre Ong sono per il femminismo intersezionale. L’ho detto un paio di volte, poi son stata zitta: adesso tocca a loro rendere il mondo migliore per le donne e quindi per tutti.

Li confondevo anch’io finché da Lia, Luisa, Fiorella e altre della Libreria delle donne mi hanno insegnato la differenza. Forse un giorno impareranno tutt*, comprese le donne che idolatrano le blastocisti, a “chiamare quella costrizione quella che è.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: