“Il gigante addormentato”

Il Pine Island, il (lo?) Thwaites e altri ghiacciai della piattaforma detta West Antarctic Ice Sheet, vengono sorvegliati da quasi cinquant’anni. In media perdono dei pezzi, s’assottigliano, soffrono di “fusione basale” e scorrono in mare.

Fino a vent’anni fa, quelli dell’East Antartica Ice Shelf (EAIS) sembravano crescere e compensare. Tutto normale: con il riscaldamento globale, aumenta il vapore acqueo nell’aria che sull’Antartide ricade sotto forma di neve che ghiaccia.

I dati erano molto meno che per la WAIS, comunque erano confortanti: l’EAIS è la più grande calotta glaciale del mondo. Solo che di recente, a sud-ovest, a sud-est e a est, alcuni dei suoi ghiacciai hanno cominciato comportarsi come quelli occidentali.

Che il gigante si stia svegliando?

Momento, rispondono Chris Stokes e molti altri in una rassegna su Nature. Ne ricostruiscono le dimensioni/massa durante le ultime deglaciazioni da 3 milioni di anni fa in poi, quando le temperature globali erano aumentate di circa 1-2 e di 2-4 °C, e le paragonano con quelle osservate nell’ultimo secolo (lamentando buchi giganteschi nelle serie spazio-temporali).

Fatto questo, affrontano la domanda con modelli climatici che incorporano lo scenario RCP2.6/SSP1-2.6 di riduzione delle emissioni di gas serra entro il 2100 come da Accordo di Parigi (+1,5-2 °C rispetto all’Ottocento) e lo scenario RCP8.5/ SSP5-8.5 “pessimista” (>4 °C). Tengono anche conto delle simulazioni dei modelli criodinamici, ma sono un po’ contraddittorie. D’altronde non c’è traccia di un riscaldamento globale così veloce in passato, è difficile vincolare i modelli.

Per di più ogni ghiacciaio costiero dell’EAIS e ogni piattaforma tra loro (una chiama “Università di Mosca”) ha un’evoluzione propria che influenza quella dei ghiacciai circostanti e vice versa. Un casino. In media, sono più vulnerabili al riscaldamento oceanico di quanto risultava nei modelli fino a cinque anni fa. (Lamento su quelli attuali che sono troppo pochi.)

Gli autori non si lasciano scoraggiare ed estrapolano i risultati fino al 2300 e al 2500. Nello scenario razionale, il gigante continua a dormire: nel 2500 la sua massa potrebbe addirittura aumentare e il livello del mare abbassarsi.

In quello autolesionista… Eppure anche nello scenario intermedio SSP2-4.5/RCP4.5 in cui l’obiettivo di +2 °C viene superato

  • il contributo dell’Antartide orientale all’innalzamento del livello del mare resterebbe ben al di sotto di +1 m nei prossimi secoli. La sorte della più grande calotta glaciale del mondo è ancora saldamente nelle nostre mani.

Com. stampa di Durham Univ., articoli di Chris Stokes e Guy Paxman per The Conversation, di Damian Carrington sul Guardian (grazie per il link al pdf gratis) e di Tamsin Edwards per All models-PLoS. Altre immagini riassuntive da Richard S. Jones.

*

Sui PNAS, è uscito in open access “Estimating the environmental impacts of 57,000 food products“, di ricercatori dell’università di Oxford sicuramente animati da ottime intenzioni.

E’ da usare per divertirsi sotto l’ombrellone. Con un singolo indice – un composito di 10 parametri, ma standardizzati per applicarsi a tutti quanti – gli autori attribuiscono un impatto a 57 mila cibi preconfezionati venduti nei supermercati di Gran Bretagna e Irlanda.

Prodotti raggruppati per categorie nella fig. 3.

Sunto dell’oca: per essere sostenibili, conviene mangiare patatine e anelli di cipolla fritti, bevendo Coca-Cola…

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