Niente tassa sulla plastica, l’Italia co-presidente della Cop26 “rema contro la transizione ecologica, Glasgow sarà un disastro”. L’insegnante venuta per un tè con pan dei morti – li ha presi da Panarello, la Cremeria Buonarroti non è più quella di una volta… – è più pessimista di un mese fa.

Cosa le succede? Sarà il declino della Cremeria? Il cielo grigio? Invece è la lettera di Vanessa Nakate e Greta Thunberg ai “Dear media editors around the world“.
Hanno ragione, no? I media dovrebbero parlare dei tre punti cruciali della crisi climatica e dell’agenda della Cop26. (Stiamo esaurendo il nostro budget del carbonio, il tempo stringe; ogni paese deve calcolare il totale delle proprie emissioni invece di ricorrere a trucchi statistici e assumersene la responsabilità; è questione di giustizia perché i poveri stanno già pagando i costi della crisi.)
“Certo che hanno ragione, Greta è la mia bussola, ma poi scrivono che i media sono una delle loro ultime speranze. Peggio di così…”
Si fa sempre in tempo a disperare, trovo. Conosce l’agenda della Cop? Un po’. Ha letto il programma degli inglesi, aria fritta, e in quello dell’Unfccc non si capisce niente. Pensava di chiedermi se ho visto un po’ di materiale da discutere in classe.
Classe sveglia. Prima di manifestare il 1 ottobre, aveva fatto una ricerca usando Climate Action Tracker. Forse qualcosa del genere:
- Who wants what at the COP26 climate change summit, Carbon Brief, bigino interattivo;
- Policy Insights, Berkeley Earth, paese per paese il riscaldamento locale dal 1860, proiettato fino al 2100 nel caso di aumento, stabilità oppure declino globale delle emissioni di CO2, e la loro tendenza dal 1990.
- Net zero tracker, ricercatori dell’Imperial College di Londra , dell’università di Oxford ecc. analizzano gli impegni presi fin qui da 135 paesi e oltre 600 aziende per azzerare le emissioni di gas serra entro il 2050 o prima;
- Young people’s guide to COP26, video-interviste e approfondimenti sui “punti cruciali” a cura di tre studentesse dell’università di Edimburgo con l’aiuto di una web designer, docenti, esperti e una squadra studentesca dell’università di Glasgow;
- COP26 guide for youth workers and young people, YouthLink Scotland, a cura del governo (la Scozia ha tre parlamenti: uno dei bambini, uno dei giovani e uno degli adulti!), nettamente più istituzionale. La guida è riassunta in un bigino (cheat sheet in inglese) di tre paginette, nella terza ci sono link ad altre informazioni, e suggerimenti per chi vuol partecipare senza andare a Glasgow.
Semmai aggiungo.
- United in science, le “risorse” presentate e selezionate dall’Organizzazione meteorologica mondiale (WMO), h/t Stefano Cosmaro.
- What is Cop26 and why does it matter? The complete guide, The Guardian
- Reasons to be hopeful: the climate solutions available now, Damian Carrington et al., The Guardian.
- COP26 / Clima, ultima chiamata: “Senza azioni decisive il pianeta per come l’abbiamo vissuto finora non esisterà più”, Valigia blu
- Il successo e il fallimento alla COP26, Stefano Caserini, Climalteranti
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Non è vero che le Cop si susseguono e “nulla cambia”. Le emissioni continuano ad aumentare, è vero, ma di quanto sarebbero aumentate senza il protocollo di Kyoto e l’Accordo di Parigi? Senza gli impegni anche vaghi di ridurle di quanto sarebbero aumentati gli investimenti in energie rinnovabili e i disinvestimenti in quelle fossili?
Per esempio l’energia solare è più diffusa di quanto stimato finora. Lucas Kruitwagen et al. hanno usato immagini dei satelliti europei Sentinel (gratis) e dei satelliti di Airbus (a pagamento) che mostrano un terzo delle terre emerse. Con un programma di machine learning e parecchio lavoro manuale prima e dopo, hanno localizzato e verificato la presenza di
- 68.661 impianti fotovoltaici in 131 paesi, un aumento del 432% rispetto ai data-set disponibili in precedenza.
Sono impianti commerciali, industriali o di fornitori di elettricità, non i pannellini sui tetti da 5 kw al massimo nelle città o villaggi, in funzione entro fine 2018. Avevano una capacità di 423 gigawatt (−75/+77) un po’ più di quella stimata per tutto il fotovoltaico dall’International Renewable Energy Agency.
Tra il 2016 e il 2018 la capacità era aumentata dell’81%. Spiegazione tecnica di Lynn Kaack (paywalled!), articoli divulgativi dell’Economist, di Lucas Kruitwagen per The Conversation e tweet con altri link, compreso quello al censimento dei pannelli e delle eoliche sui tetti, in corso a Stanford.
Non so se ha già visto questa presentazione di WMO:
https://public.wmo.int/en/resources/united_in_science
saluti
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Non l’avevo vista, grazie – la aggiungo sopra.
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