Senza pudore, i governanti dei paesi ricchi chiedono ai cittadini di vaccinarsi nel proprio interesse e per altruismo, per proteggere i non vaccinabili e fermare l’evoluzione di varianti che potrebbero “bucare” i vaccini.
Alcuni somministrano già una terza dose anche se per ora non è giustificata. Così su Our world in data, la stima dei vaccinati nei paesi poveri resta all’1,8% da mesi.

L’appello no profit on pandemic non ha raggiunto i due milioni di firme necessarie per essere preso in considerazione dalla Commissione europea. Dei 5 miliardi di dosi che spettavano all’alleanza Covax, i paesi ricchi ne hanno comprate 4 miliardi a un prezzo più conveniente per le BigPharma.
Le Organizzazioni mondiali del commercio, della sanità e perfino quella della proprietà intellettuale auspicano un dialogo e una “maggiore cooperazione internazionale”, inascoltate e impotenti.
E da mesi vaccini scadono e vengono “distrutti” a decine di migliaia nei paesi poveri e a centinaia di migliaia in quelli ricchi.
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Altre ragioni per incavolarsi negli Schneider Shorts di oggi.
E’ stato colpito e affondato con l’aiuto dei suoi autori, lo studio fraudolento di Hector “non siamo statistici/siamo in due statistici” Carvalho et al. secondo il quale l’ivermectina in spray nasale e in pillole, e un po’ di carragenina nel naso, sarebbero efficaci al 100% nel prevenire il covid.
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Anche al bar sotto casa, c’è uno che preferisce prendersi il covid perché “in Israele il vaccino non funziona, invece l’immunità naturale…” E’ l’unico. Gli altri sanno che in realtà il 60% della popolazione è vaccinato e oltre il 90% di covid-19 grave e di decessi è fra i non vaccinati.
La maggiore immunità conferita da un’infezione di Sars-Cov-2 è uscita in un preprint poco affidabile, spiegava Meredith Wadman sotto un titolo fuorviante. Aggiungo solo che è un esempio letterale di “survival bias“: gli autori postulano che tutti i ricoverati per covid grave siano guariti esattamente come i (pochi) volontari che hanno reclutato.
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Su Science di oggi, suggerisco di saltare l’editoriale di Scott Atran, “The will to fight“, benintenzionato ma di un semplicismo desolante.
Se vi appassiona il giallo sull’origine del Sars-Cov-2″, ci sono due articoli di Jon Cohen:
- in “Call of the wild” riassume i motivi di scetticismo dei virologi sul “lab leak” e
- in “The hunt for SARS-CoV-2’s ancestors heats up” le indagini (genetiche) sulla sua famiglia in Cina e nel sud-est asiatico, e sulle specie di mammiferi che potrebbero averlo trasmesso. Avvertenza: “None of these studies may uncover the origin of SARS-CoV-2 anytime soon, Lam says. But, he adds, “Those who are not patient are not really interested in the truth.”
In copertina, il titolo a lettere cubitali “Arctic Research” sta su una foto di Dallas durante l’ondata di gelo del febbraio scorso. Rimanda allo studio di attribuzione di Judah Cohen et al. e al commento di Dim Coumou (un po’ più cauto degli autori sulle “teleconnessioni” artiche).
Sunto mio: l’influenza dell’Artico e del vortice polare alle medie latitudini è “più sottile” e la dinamica è ben più complessa di quello che la “semplice termodinamica” farebbe pensare. Non in open access, per una buona spiegazione rif. Inside Climate News.