“Science is built on trust,” si diceva nel Novecento, ma le vittime della malascienza biomedica sapevano già che c’era poco da fidarsene, inficiata com’era da pregiudizi razzisti e misogini, rivalità e conflitti d’interesse.
“In science we trust” titolava un editoriale di Nature Medicine vent’anni fa, quando le falsificazioni di Andrew Wakefield per correlare vaccino trivalente e autismo erano diventate ovvie. La “comunità scientifica” doveva educare il pubblico, incitare i giornalisti alla prudenza e darsi una regolata:
- Le norme sui conflitti d’interesse intendono prevenire o controllare situazioni che potrebbero portare a bias involontari e inaccettabili o a sospetti o a casi reali di disonestà. La percezione di un conflitto d’interesse può minare la fiducia del pubblico nella scienza e negli scienziati.
Dopodiché editori, come il gruppo Nature-Springer, e scienziati biomed si sono organizzati per minare la fiducia del pubblico. Hanno moltiplicato le riviste dove gli autori pagano per pubblicare e che, oltre a conflitti d’interesse in aggiunta ai precedenti, generano impunità, cv gonfiati, clientelismi e “casi reali di disonestà”.
Oggi Leonid Schneider riassume le avventure del trio Guido Kroemer-Pierluigi Nicotera-Gerry Melino che nel 2010 fondavano Cell Death and Disease – appendice open access della loro rivista Cell Death and Differentiation – a vantaggio della carriera propria, dei loro amici e protetti, e dei produttori cinesi di contraffazioni.

Per 12 anni, il direttore del Lancet ha rifiutato di ritrattare l’articolo di Wakefield che ne favoriva i brevetti su tre vaccini al posto del trivalente, un interesse non dichiarato.
Su Science, Jon Cohen racconta perché
- [Jeffrey Sachs] il capo di The Lancet COVID-19 Commission, un’iniziativa interdisciplinare istituita dalla prestigiosa rivista medica per migliorare la risposta mondiale alla pandemia, ha liquidato discretamente e bruscamente un mese fa la sua task force sull’origine [del Sars-Cov-2] dopo dieci mesi di lavoro.
Cinque su 12 degli “esperti indipendenti” avevano hanno rifiutato di dichiarare i propri conflitti d’interesse. Sachs li aveva scoperti leggendo i giornali.
Di per sé sono quasi inevitabili: gli esperti di coronavirus pericolosi sono pochi, la maggioranza ha legami con i laboratori cinesi che li hanno isolati, e – da quello che so – è anche onesta. Ma se la “prestigiosa rivista medica” viola le proprie regole, perché altri dovrebbero rispettarle?
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Detto questo, ci sono ottimi motivi per diffidare della ricerca biomed e militare, non della scienza in generale. In attesa della COP26, Nature anticipa l’editoriale e due articoli di Jocelyn Timperley