Come il New York Times e altri giornali, dall’inizio della pandemia l’Economist pubblica una stima globale dei “decessi in eccesso” rispetto a quelli attesi sulla base dei cinque anni precedenti, e li attribuisce al covid (semplifico).
Oggi è “tre volte” maggiore dei 5,5 milioni “confermati” da Our World in Data con l’avvertenza che per alcuni paesi, sono inferiori a quelli reali. “Alcuni” va preso nel senso di “metà”. Come scrive David Adam su Nature,
- più di 100 paesi non raccolgono alcuna statistica affidabile sulle morti attese o avvenute, o non le pubblicano in maniera tempestiva.
E nello stesso periodo, gli altri paesi avevano criteri diversi per confermare le morti per covid, o le pubblicano a scadenze diverse.
Sempre oggi, l’Institute for Health Metrics and Evaluation (Ihme) calcola che i decessi “riferiti” sono 6,3 milioni e quelli avvenuti circa 12 milioni. Usa un modello diverso da quello dell’Economist basato sul machine learning, una lunga serie di indici e… che ha giganteschi margini di incertezza: 19,5 milioni è il “best guess” tra 12 e 22 milioni.
Tutti i modelli sono sbagliati, refrain.
Anche quello di Karlinsky e Kobak che da un anno cerca di correggere i difetti degli altri, per 111 paesi. Mancano Cina, India e quasi tutta l’Africa, per esempio. In questi paesi i decessi ufficiali sarebbero 4,1 milioni e quelli reali 6,5 milioni.
In tutto il mondo, sarebbero quindi più di quelli stimati dall’Ihme, e la mortalità da covid molto maggiore nei paesi poveri, contrariamente a quanto sembra ora.
Gordon Shotwell, un data scientist canadese, ha criticato spesso i risultati del modello dell’Economist per i paesi poveri:
- “Non si impara niente con un modello allenato sui dati di paesi quasi tutti ricchi, con un’elevata aspettativa di vita quando si applica a paesi poveri con una bassa aspettativa di vita,” dice [a Nature]. Senza sorpresa, Sondre Ulvund Solstad [che coordina il lavoro dell’Economist], non è d’accordo: “Penso sia meglio fornire un numero incerto che fidarsi di un numero certissimo che è chiaramente falso.”
I modellisti sono anche in disaccordo sulle tecniche per supplire all’assenza di “hard data”, scrive Adam, e lascia l’ultima parola ad Andrew Noymer, un demografo dell’UC-Irvine. A suo avviso, il totale dei decessi da covid sarà sempre contestato:
- “Ancora non sappiamo quanta gente è morta nella pandemia [d’influenza] del 1918, ma mi ero sempre detto che avremmo saputo quanta gente sarebbe morta nella prossima, perché viviamo nel mondo moderno,” dice. “E invece no, e trovo che sia triste per un demografo come me.”
E’ triste, ma l’articolo di Adam è notevole. Dovrebbe interessare chiunque abbia voglia di capire come si fanno modelli demografici e quanto sia difficile nonostante la potenza di calcolo, gli algoritmi e tutto l’armamentario dell’IA.
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“Inequality Kills” di Oxfam sulla disuguaglianza in tempo di pandemia si trova qui, e la presentazione per l’Italia qui.
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Da Climalteranti, Claudio Cassardo ha calcolato la variazione delle temperature globali, europee e italiane nel 2021 anche rispetto al periodo 1880-1910, “il primo disponibile a scala globale”. Carbon Brief fa una classifica un po’ diversa.
Il tasso di riscaldamento resta quello previsto dai modelli, d’altronde quelli climatici sono più facili: si basano sulla fisica…
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Il governo di Tonga ha comunicato che ci sono state tre vittime ma forse sono di più, e che la Marina ha iniziato a portare beni di prima necessità nelle isole. Giovedì dovrebbero arrivare i soccorsi dall’Australia e dalla Nuova Zelanda.
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Da femminista, di Action Aid, pro-diritti umani per le donne e i rifugiati – tra altri difetti – avrei voluto Pierfrancesco Majorino al posto di Roberta Metsola.
Poi chissà cone stanno le cose davvero, però a me pare che l’interesse locale (cioè regionale, da noi) sia di comunicare un numero di ricoverati e di morti più basso, salvo poi farli emergere con ricalcoli a posteriori. Sbaglierò ma non mi stupirei di scoprire che sul totalone mondiale un qualche effetto questo ce l’abbia.
Cina (e non solo) caso (estremo) a parte: lì il virus ufficialmente avrebbe fatto meno danni che nella sola Lombardia.
Basta crederci, ovviamente.
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Tutti cercano di fare calcoli a posteriori, infatti, ma ne risultano solo “stime incerte” con poche eccezioni come Taiwan, Corea del Sud o Nuova Zelanda.
Nei modelli citati da David Adam, l’Italia non ha un grande divergenza tra i decessi “ufficiali” e quelli “attesi.” Anche se qualche Regione ha riportato decessi inferiori a quelli reali, l’ISTAT – o l’Economist – può usare fonti vicarie (proxies) per stimarne l’attendibilità.
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