Se gli inquinatori pagassero

(M’è passata un po’ l’ansia, grazie a Sudipta Kumar di Action Aid-Afghanistan. Anche se le notizie sono brutte, non averne era peggio.)

Su Nature, esce un paper di Johannes Bednar, Oliver Geden, Myles Allen – dello IIASA e di Oxford – e altri economisti del clima che non conosco. Mostra bene quanto sia ingenuo credere, e ingannevole far credere, che la crisi climatica sta per essere risolta dalla tecnologia (CDR) che rimuove dall’aria la CO2 delle nostre emissioni.

Da Facebook, artista ignoto

E’ in open access, semplifico di brutto. Simulano 78 scenari in un mercato “ideale” dove gli inquinatori, detti pudicamente “emittenti”,

  • hanno un budget carbonio,
  • devono comprare “obbligazioni di rimozione del carbonio” (CRO) emesse dalla Banca centrale, una rimozione “negativa netta” che comprende il debito carbonio accumulato fin qui e il costo del suo stoccaggio in atmosfera,
  • possono vendere/comprare crediti carbonio (ETS).

Se il prezzo delle obbligazioni e dello stoccaggio è giusto, i crediti carbonio non sono assegnati per favorire gli inquinatori, e il tasso di interesse aumenta rapidamente nel tempo, più gli inquinatori rinviano gli investimenti in CDR e più ci rimettono:

  • Rischi inerenti, come quello di un default da parte dei debitori, vengono affrontati con un prezzo per lo stoccaggio della CO2 in atmosfera pagato dall’interesse sul loro debito carbonio.

A queste condizioni, la CDR potrà dimostrare benefici o meno rispetto delle altre “opzioni di mitigazione, già nel medio termine”:

  • Questo promuoverà lo sviluppo dal basso di un mercato della CDR, accompagnato dal beneficio di prezzi trasparenti, apprendimento tecnologico anticipato, test di scalabilità e identificazione dei co-benefici e dei rischi socio-ambientali, e infine l’eliminazione delle incertezze che circondano la CDR.

Sebbene sia infarcito di incertezze dal budget di carbonio in giù, il loro mercato “ideale”, aggiunto alle altre misure di mitigazione, porterebbe allo scenario socio-economico ideale SSP 1.9 e a +1,5 °C a fine secolo.

Non si illudono che ideale = realistico. Serve solo a illustrare il “concetto” che senza CRO niente CDR. In altre parole, visto il tasso di sconto applicato oggi dagli inquinatori alla CDR futura, conviene loro aspettare venti o trent’anni prima di investirci.

A differenza dei pannelli solari o delle pompe di calore, la CDR non comincia a ripagare il suo costo appena entra in funzione.

Nel commento, Davin Sainforth della London School of Economics ammira il lavoro, ma è un po’ scettico. Fa notare che una carbon tax avrebbe lo stesso effetto, e che la complessità del mercato CRO + ETS è una “barriera” alla sua adozione. Refrain:

  • Ma forse il messaggio più importante di Bednar e colleghi per i politici è che la possibilità di tecnologie future per la rimozione della CO2 non giustifica rallentare oggi il ritmo della decarbonizzazione.

Ieri sono stati pubblicati i risultati del sondaggio Ipsos-Mori per la Global Commons Alliance nei paesi del G20 tra aprile e maggio. Key points nel comunicato stampa e articolo sul Guardian.

La stragrande maggioranza degli intervistati vuole fare e che si faccia di più nel prossimo decennio per proteggere i beni comuni, con variazioni e contraddizioni:

  • Nei paesi in via di sviluppo la gente è più disposta a fare di più per proteggere la natura e il clima che nei paesi sviluppati: Indonesia (95%), Sudafrica (94%), Cina (93%) rispetto a Giappone (61%), Germania (70%) e USA (74%). [86% in Italia]
  • Ma soltanto l’8% riconosce la necessità di maggiori cambiamenti economici nel prossimo decennio.
  • In Italia, appena il 6% è consapevole della scala delle trasformazioni necessarie entro il prossimo decennio

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