Carbon budget & capture

Si avvicina la Cop 26 e “la scienza” cerca di farsi sentire. Tre giorni fa il British Medical Journal ha pubblicato un editoriale firmato e ripreso da oltre 220 riviste, quasi tutte bio-med. Chiede “un’azione urgente per limitare gli aumenti della temperatura globale, fermare la distruzione della biodiversità e tutelare la salute”.

Fonte: DeWikiMan

Chiedono giustizia climatica, come tutti. Mi ha colpito che citino un articolo di Science scettico sulle promesse di “emissioni negative”, e un paper del Lancet sulle istituzioni sanitarie che

  • hanno già disinvestito dai combustibili fossili oltre $42 miliardi.

Stando alle analisi finanziarie dell’Economist, la campagna di disinvestimento lanciata nel 2012 da Bill McKibben ha un effetto domino: BigOil & Coal fatica a trovare finanziamenti e ad assicurarsi contro gli eventi estremi, il che scoraggia gli investitori.

Visti gli sforzi di Alex Epstein e altri leader bigoilisti per uscire dal circolo vizioso e raddrizzare i domino, darei ragione all’Economist – anche se i sospetti (nota) di woke-washing mi sembrano giustificati.

Domanda dai tempi l’Accordo di Parigi: quanto carbonio fossile ci resta da estrarre per non superare un aumento di +1,5 °C entro fine secolo? Nuovo tentativo di risposta di Dan Welsby et al. in open access su Nature.

Se vogliamo avere una probabilità su due di raggiungere l’obiettivo,

  • quasi il 60% del petrolio e del metano fossile e il 90% del carbone devono rimanere nel suolo (unextracted)

in media per tutte le regioni, la percentuale dipende dalle loro riserve (tabella 1). Sempre in media, la produzione di gas e petrolio dovrebbe calare di un 3% annuo entro il 2050. Gli autori usano un modello dei consumi energetici meno semplicistico di quelli basati sul Pil, ma anche questo ha molti limiti. Il risultato

  • è probabilmente una sottovalutazione dei cambiamenti necessari perché una probabilità maggiore del 50% di limitare a 1,5 °C il riscaldamento globale richiederebbe di ridurre ancora di più l’estrazione di carbonio, e a causa delle incertezze legate al dispiegamento delle tecnologie a emissioni negative sulla scala necessaria e in tempo utile.

Rif. anche The Guardian.

Per ora le tecnologie sono lontane dalla scala. L’Orca di Climeworks è il primo impianto di cattura e sequestro (Dacs) della CO2 atmosferica a entrare in funzione nel “mondo reale”. Guarda caso in Islanda sopra una grande centrale geotermica, il posto più adatto che ci sia. Eppure sequestrerà in un anno le emissioni di 870 automobili – circa 4.000 tonn.- al costo di circa $600 dollari/tonn.

Un bel progresso, se penso all’impiantino pilota su una centrale a gas svizzera, e i due fondatori mi stanno simpatici (rif. commenti qui sotto), ma le automobili sono miliardi.

***

Su Nature c’è un paper di Julian Savulescu et al. molto d’attualità:

Balancing incentives and disincentives for vaccination in a pandemic

Sintesi: la soluzione perfetta non esiste.

I risultati di un altro trial con il plasma di convalescenti mostrano che è inutile o tossico per i pazienti ricoverati per covid grave:

  • Intubation or death occurred in 199/614 (32.4%) patients in the convalescent plasma arm and 86/307 (28.0%) patients in the standard of care arm.

Il reclutamento di altri volontari è stato bloccato per motivi etici.

In Usa, i bambini non vaccinati sono il 27% dei nuovi casi, in aumento rispetto ai dati di Nature, e quelli ricoverati sono concentrati negli stati dove meno adulti sono vaccinati.

Nota:

Link a un paper di ecolo-climato-economisti della “scuola” di Julia Steinberger. Quelli che propongono scenari – evidence-based con esperimenti sul campo – di transizione a un’economia dello star bene (wellbeing), né dello sviluppo né della decrescita.

In Italia sono ignorati dal ministro Cingolani, ovvio, ma anche da chi si definisce ambientalista come Luca Pardi, in un lamento fiume degno del Gentile dott. Mariucci, titolo a parte. Se invece di piangere ne leggesse i lavori?

2 pensieri riguardo “Carbon budget & capture

  1. Stavo proprio per inviarle il link all’articolo su quell’impianto di cattura della CO2. E’ un vero peccato che quell’impianto costi, gestione a parte, quanto le auto di cui catturerebbe la CO2 (e solo la CO2). A me, da ignorante, sembra proprio un’idea sbagliata in partenza.

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    1. Forse l’idea è sbagliata, ma da ignorante anch’io, penso che conviene provare tutte quelle pronte per l’uso, il tempo stringe!

      I due CEO di ClimeWorks mi sono simpatici perché erano bravi ricercatori, e come imprenditori non se la cavano male: rispettano i preventivi e i tempi di consegna, e pagano bene i dipendenti.

      Orca è un DACS: la CO2 si cristallizza (fa carbonati) sulle rocce nelle quali la centrale rimanda giù l’acqua che pompa, Quindi vende crediti carbonio – di lusso però verificati dallo stato. Invece l’impiantino che citavo è un Carbon Capture and Reuse: cattura la CO2 e la vende alla Nestlé per una sua acqua gasata e alle serre del vicinato. Quest’anno Capricorn – l’impianto collegato a un inceneritore vicino a Zurigo – è diventato “commerciale”: rifornisce qualche serra, e soprattutto Coca-Cola (che ne certifica la qualità), e altri produttori di bevande gasate.

      In realtà l’ETH di Zurigo ha creato la start-up per sfruttare anche un altro CCR inventato da un loro prof che usa la CO2 per farne carburante. Adesso Audi finanzia il prototipo, se ne riparla fra cinque anni se va bene. Nel frattempo ClimeWorks ha attaccato CCR a 14 centrali.

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