Erbe buone

Il supplemento di Science è intitolato “Erba” nel senso delle graminacee come il frumento, e le ciperacee come le posidonie “un tempo diffuse in tutto il Mediterraneo, e ora minacciate dai cambiamenti climatici e dalle attività umane”.

La storia della loro evoluzione – che è anche la storia della nostra – e tre rassegne – diversificazione, ripristino delle praterie terrestri, conservazione delle praterie marine – cercano di contrastare l’idea che sia più urgente stoccare carbonio negli alberi che nelle praterie.

  • Eppure le erbe offrirebbero soluzioni a molte dei nostri problemi sociali, se solo ne riconoscessimo la diversità e il valore.

Nella quarta rassegna, Yongfei Bai e M. Francesca Cotrufo scrivono che le praterie terrestri, degli ecosistemi distinti, coprono 52,5 milioni di km2, circa il 40% delle terre emerse se si esclude la Groenlandia e l’Antartide. Stimano che le praterie

  • destinate al ripristino della biodiversità potrebbero sequestrare da 2,3 a 7,3 miliardi di tonnellate di CO2equiv./anno, i pascoli da 148 a 699 milioni di tonn. di CO2equiv./anno con una gestione migliore e quelli seminati con leguminose 147 milioni di tonn. di CO2equiv./anno.

In teoria. In pratica, gli impatti del clima e degli erbivori d’allevamento variano per ogni ecosistema e per quantificarne il sequestro di CO2 equiv. nel suolo servirebbe… più ricerche.

Magari 3-8 gigatonnellate sembrano tante, ma l’anno scorso abbiamo emesso 34,9 GtCO2. Non ho visto dati per il totale dei gas serra contabilizzati (CO2equiv.).

Per temperare oltre gli entusiasmi, in un bel reportage in open access, Martin Cornwall racconta come cinque erbe infiammabili arrivate dal “Vecchio Mondo” aggravano i rischi d’incendi devastanti nel Nuovo Mondo.

Refrain: è urgente ridurre le emissioni anche nel paper di Shubha Verma et al. su Science Advances,

Nelle mappe, si vedono concentrazioni impressionanti di particelle carboniose (BC per black carbon) attorno alle città, ma non solo:

  • D’inverno è dovuta primariamente (>60%) alle emissioni della combustione di biocarburanti [BF per biofuel: legna, residui agricoli, sterco] usati per cucinare e riscaldare le abitazioni nella maggior parte della pianura Indo-gangetica. La combustione residenziale di biocarburanti (da 40 a 50%) e di combustibili fossili nel settore industriale e dei trasporti sono i fattori dominanti nella concentrazione di BC nelle aree urbane della pianura centrale (comprese Kanpur, Agra e Varanasi). 

Nella pianura sono esposte circa 300 milioni di persone, quindi

  • In linea di principio una mitigazione del 100% o quasi delle emissioni è fortemente raccomandata.

Purtroppo non sarebbe sostenibile, scrivono. Nelle loro simulazioni, ridurle dell’85-87% è già fattibile rendendo efficienti i programmi statali per fornire energia pulita a 60 milioni di abitanti più a rischio (e magari coordinando meglio quelli delle fondazioni filantropiche e delle Ong, aggiungo io):

  • Si eviterebbero circa 400 mila decessi/anno per le sole malattie cardiovascolari implementando una riduzione prioritaria delle emissioni da combustione di biocarburanti domestici nell’area periurbana, del gasolio nei trasporti e del carbone nelle centrali termoelettriche e nelle fornaci per mattoni delle megalopoli.

Le simulazioni e i modelli sono spiegati bene nei “Materiali e metodi”, tutti i dati sono pubblici e i software si trovano sul sito del National Center for Atmospheric Research e su quello di Polytechnique. Data l’aria che si respira in Val Padana d’inverno, secondo potrebbero servire a progettare “mitigazioni” e a verificarne l’efficacia anche qui.

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