“Incentivi perversi”

La COP15 della Convenzione dell’Onu contro la desertificazione (UNCCD) era stata fissata per il 9-20 maggio ben prima dell’invasione dell’Ucraina. Però è impossibile leggere il sunto per decisori del secondo rapporto “Global Land Outlook” (detto Glo-2) senza pensare alla guerra nel “granaio del mondo“.

Copertina del Glo-2 appena pubblicato

(L’Unccd è una delle convenzioni decise al “summit” di Rio nel 1992 insieme a quelle sul clima e sulla biodiversità. Il suo SPI – per Science and Policy Interface, l’equivalente dell’Ipcc – è nato a fatica nel 2013 dopo una decina di COP frustranti.)

Il rapporto del 2017 (Glo-1) era pieno di belle speranze: due anni prima, l’assemblea dell’Onu aveva approvato all’unanimità gli Obiettivi dello sviluppo sostenibile, la percentuale della popolazione che pativa la fame stava diminuendo:

Grafico: Our Word in Data

Ma non diminuivano né le guerre né gli eventi meteo estremi né gli impegni rinnegati. La curva cominciava a invertirsi. Poi c’è stata la pandemia.

Questa volta, le belle speranze sono esempi di “rigenerazione dei suoli” desertificati o degradati, alcuni a rischio di fallimento per conflitti armati in corso, e iniziative di afforestazione/riforestazione al di sotto di ogni ambizione. Per esempio il 4% della “Grande Muraglia Verde” del Sahel è stato piantato e il 96% resta un’aspirazione…

Come nel caso del clima e della biodiversità, per i decisori gli argomenti sono innanzitutto economici (nota). Sunto ochesco:

  • Dipende un po’ dalle stime e dalle definizioni, comunque circa il 40 % del suolo (abitabile) del pianeta è degradato. Ne fa le spese la metà più povera e indifesa, guarda caso, della popolazione mondiale. Mette a rischio circa metà del reddito globale lordo (US$44 trilioni).
  • Di questo passo – “business as usual” – nel 2050 al 40% si aggiungerà una superficie grande quasi come il Sudamerica, aumenteranno l’insicurezza alimentare, le migrazioni forzose, la perdita di biodiversità, i conflitti per i terreni coltivabili e last but not least il rischio di zoonosi come il Covid-19 (rif. simulazione di Carlson et al.; bozza, nel caso non sia più gratis)
Il network delle zoonosi virali, Carlson et al. versione 2021

Le soluzioni (best practices) non solo esistono, ma sono convenienti:

  • la resa economica di suoli ripristinati e della riduzione del loro degrado, delle emissioni di gas serra e della perdita di biodiversità potrebbe arrivare a $US 125-140 trilioni/anno, fino al 50% più del reddito lordo globale nel 2021 ($93 trilioni).

Non servono grandi investimenti:

  • riposizionare in un decennio soltanto $1,6 trilioni dei $700 miliardi/anno di “incentivi perversi” dati ai combustibili fossili e all’agricoltura consentirebbe di ripristinare entro il 2030 un miliardo di ettari degradati – la superficie degli USA o della Cina – compresi 250 milioni di ettari coltivabili.

(Non si potrebbero riposizionare i $2 trilioni/anno che verranno spesi in armamenti nei prossimi anni? Nemmeno metà?)

Refrain: i governi procrastinano da decenni. Ora che

  • il costo del cibo sta aumentando tra rapidi cambiamenti climatici e planetari, dovrebbero già essere “sul piede di crisi” (“crisis footing”).

Nota: Grazie di avermi segnalato lo sfogo di thunbergofobia uscito ieri sul Corriere, ma stamattina Antonio Scalari aveva già fatto il grosso del debunking.

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