Una settimana da record

Da tre anni prevale la Niña che raffredda la temperatura globale invece di innalzarla, nessuno prevede che il 2022 sia il più caldo mai registrato. Globalmente. Sono le 6 di sera, e in casa ci sono 28 gradi.

L’indice dell’ENSO combina le variabili (pressione atmosferica, temperature dell’aria e del mare ecc.) nel Pacifico meridionale. Sull’asse verticale l’intensità del Niño in rosso, della Niña in blu. NOAA/Public domain

Ecco l’oca che confonde meteo e clima! No no no, il clima globale è un’astrazione utile, ma nel concreto conta la sua variabilità locale.

Primo record: la concentrazione atmosferica di CO2 ha superato i 420 ppm per la prima volta da oltre 4 milioni di anni.

Secondo: con due mesi di anticipo e su una superficie doppia di quella del luglio scorso, gli incendi hanno già devastato 1,6 milioni di ettari in Siberia. Nel 2021, Putin aveva mandato i militari coordinati dal Ministero della difesa ad aiutare i pompieri. Quest’anno essendo il ministero impegnato in un’operazione all’estero, ha detto alle autorità locali di arrangiarsi:

Mappa degli incendi in Siberia e altre regioni della Russia, 7 maggio. Fonte: A. Kokcharov

Anche in California, Colorado e New Mexico la “stagione degli incendi” inizia sempre più presto.

Con tre mesi di anticipo, da marzo in Asia, Medioriente, Africa nord-orientale, si susseguono ondate di calore estremo che fanno vittime e ne faranno altre perché dimezzano le coltivazioni. In Medioriente, parte dell’Africa, degli USA e dell’Europa ci pensa anche la siccità, in Etiopia e in Ucraina anche la guerra.

La deforestazione dell’Amazzonia accelera.

Secondo il Met Office britannico e l’Organizzazione mondiale della meteorologia, l’anno scorso avevamo un 40% di probabilità di arrivare entro cinque anni a un aumento della temperatura globale di 1,5°C rispetto all’inizio dell’Ottocento, ora è del 50% e capiterà con il prossimo Niño. Nel 2015, era dello 0%.

In Australia si moltiplicano le alluvioni e lo sbiancamento della Grande Barriera Corallina è il più esteso mai osservato.

A proposito di precipitazioni, Cristian Lussana – un ascoltatore di radiopop che fa ricerca con Rasmus Benestad e altra bella gente all’Uff. meteo norvegese – mi segnala un loro paper appena uscito su PLoS Climate (una nuova rivista in open access),

Hanno rianalizzato le osservazioni del dataset ERA5, con un bel sistema statistico (wavelet, come Tamino; Rasmus B. dice che c’è un errore nell’impaginazione: la figura 7 è questa) che evita abbagli nelle analisi di serie temporali incasinate.

Trovano che dal 1950 al 2020, la pioggia globale è passata da 1440 Gt a 1510 Gt al giorno. Come previsto: insieme alla temperatura aumenta l’evaporazione e quel che va su deve venir giù. Solo che

  • la superficie globale delle precipitazioni quotidiane sono diminuite dal 43 al 41% della superficie dell’intero pianeta.

Vengono giù diluvi più intensi e frequenti su meno ettari, insomma, ma perché?

Una differenza del 2% sembra niente, ma non è spalmata equamente:

  • il cambiamento era molto più pronunciato nei Tropici che nelle zone temperate.

Su Nature Climate Change, uno studio giapponese dice che dal 1961, sull’Asia nord orientale i cicloni tropicali sono diventati più “piovosi” a causa degli “impatti antropici”. Anche nel sud-est asiatico, penso. Da circa 15 anni sono più frequenti e distruttivi. Action Aid e altre Ong umanitarie cercano già di tenerne conto, soprattutto nelle Filippine e in Myanmar (prima del golpe, adesso è difficile pianificare a lungo termine).

Invece nella Val padana temperata, un giorno diluvia e poi neanche una goccia per mesi. Il ciclo idrologico globale è cambiato davvero.

Anecdotes aren’t data, dirà Cristian, magari lo misuriamo meglio. Sarà, però confermano…. Vorrebbe “indicatori idro-climatici”. Coincidenza, anche Aditi Mukherji, co-autrice del capitolo sull’acqua del VI rapporto Ipcc, su Nature di oggi:

  • L’acqua è stata chiamata il più cruciale dei link per l’adattamento ai cambiamenti climatici e anche il più ignorato. […] I cambiamenti possono essere troppo grandi e veloci perché gli adattamenti funzionino.

Record finale di lungimiranza: con la scusa dell’invasione dell’Ucraina, invece di incentivare il passaggio alle rinnovabili i governi incentivano l’estrazione di petrolio e gas “incatenando” l’economia agli idrocarburi per altri decenni. Tanto, a subire i danni peggiori dei cambiamenti climatici sono i poveri del terzo mondo detto oggi “Sud globale” – anche se ne fa parte la Jacuzia in fiamme ogni anno.

*

Casimiro di Polonia, ritratto di Carlo Dolci, pubblico dominio

Fine del piagnisteo.

Tutte le spie rosse lampeggiano, è vero, ma siamo mica votati al consumismo come re Casimiro alla castità.

Esistono già soluzioni “contestuali”: per i ricchi del Nord globale che sprecano energia, risorse e beni comuni. Per i poveri Sud globale che avrebbero abbastanza acqua e rinnovabili per una vita dignitosa, se li aiutassimo “a casa loro”. Per ora preferiamo pagarne la detenzione in Turchia, Libia, Ruanda e altri paesi che non rispettano i diritti umani dei propri cittadini, figurarsi quelli dei rifugiati.

Ho già detto degli esperimenti su piccola scala e dei modelli di decarbonizzazione pubblicati da Julia Steinberger e dalla nuova leva di economisti socio-ecologici. Alle insegnanti de Fridays4Future, e ai ricercatori che chiamano a intervenire, potrebbe interessare l’esperienza di Julia in un liceo dov’era stata invitata a parlare del clima e la lezione che ne ha tratto per parlarne con i propri studenti all’università.

Con James Dyke, ha scritto un articolo per The Conversation sul superamento di +1,5 °C. Riguarda anch’esso la concentrazione di ricchezza e potere che ostacola la transizione a una “giustizia climatica”. Alla fine chiedono

  • Are we on track to limit warming to no more than 1.5°C? No, we are nowhere near. So: what are we – what are you – going to do about it?

Impegnarci collettivamente per ottenere trasporti pubblici efficienti, piste ciclabili, acquedotti che non perdono; votare per gente che non si vende al primo petroliere che passa; informarsi e informare su come risparmiare energia, anche quella pulita; stampare un bigino sulle pompe di calore e distribuirlo ai condomini prima della riunione; mangiare meglio, riciclare, riusare, chiedere a chi ne ha bisogno se serve un po’ di quello che ci intesa gli armadi.

Nelle democrazie del Nord globale abbiamo libertà e diritti, forse sarebbe il caso di non usarli solo “contro” le mascherine, le emissioni di gas serra, le tasse progressive o l’aborto. Solo per peggiorare la vita di tutti.

2 pensieri riguardo “Una settimana da record

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