La tassa sull’ombra

Nonostante il riscaldamento globale, il Comune di Milano e altri impongono una “tassa sull’ombra”. Così sul lato nord delle strade i negozi risparmiano quasi tutti sulla tenda. Il formaggiaio sotto casa è per abolirla,

File:Body Shop Oslo.JPG - Wikimedia Commons
A Oslo forse non serve, foto: Nenad Bumbic

io sarei per sostituirla con una tassa sul caldo emesso dai condizionatori. Qui restano accesi anche di notte, quando l’elettricità costa meno…

Sto zitta perché ho fretta. Domani c’è l’assemblea di Action Aid, devo finire di leggere documenti noiosi, il bilancio dell’anno scorso, quello preventivo, cose così. Il lato amministrativo degli sforzi per ridurre un po’ le ingiustizie. Come le emissioni di gas serra, continuano ad aumentare e i governanti e loro delegati a parlarne al G7 nel Galles e al pre-vertice sul clima in videoconferenza.

Anche la nostra assemblea è in remoto – sigh. A Fabrizio Barca e altri, durante un coffee break o a colazione avrei potuto chiedere perché non rilanciamo l’idea di una Tobin tax (all’origine era un minuscolo prelievo sulle speculazioni valutarie). Se ne parlava a Rio, a Seattle, a Genova, a Occupy Wall Street, ricordo dibattiti vivaci a Parigi con gli economisti di ATTAC, e adesso no?

Degli economisti che partecipavano alle conferenze “Dieci Nobel per il futuro” negli anni Novanta, James Tobin è quello che mi manca di più. Cerco di immaginare cosa direbbe dei miliardari ai quali la fiscalità riserva trattamenti di favore. Di un possibile accordo mondiale su una percentuale meno offensiva della miseria pagata dalle Big Tech.

Fabrizio conosce miliardari che vogliono pagare le stesse tasse di 40 anni fa. Come al bar sotto casa, sono scandalizzati dai “Billionaire tax leaks“. E’ soltanto la prima puntata dell’analisi di ProPublica, un’Ong che ha ottenuto documenti mandati all’IRS, per ora riguarda i 25 uomini più ricchi degli Stati Uniti.

Non sono degli evasori, rispettano scrupolosamente leggi fatte a loro misura. Invece le rivelazioni di ProPublica sono illegali, una violazione deliberata della privacy. Il Dipartimento della giustizia (DoJ) ha annunciato un’inchiesta per identificare i whistleblower. Se – quando – li troverà, li manderà in galera.

La legge dovrebbe tutelarli, ma non succede nemmeno quando rivelano reati gravi (crimes), come Reality Winner o Natalie Edwards. E per ora il DoJ è più interessato a indagare sulle fonti di Propublica che sui reati gravi commessi dal DoJ stesso quando era agli ordini di Trump.

Succede negli altri governi che Biden ama richiamare alla legalità, ma imbavagliano più efficacemente i giornalisti indipendenti.

Ecco. Si comincia da una tassa sulle tende, poi un’ingiustizia tira l’altra e si finisce per voler cambiare il mondo. Alla maniera di Action Aid, un pezzetto per volta, tre passi avanti e due indietro, un giorno ce la faremo. (Già. In Etiopia con le Ong locali credevamo di aver fatto progressi.)

*

O’s digest in tema

All’Economist sembra possibile un regime fiscale meno favorevole alle multinazionali e ai loro padroni. Forse è ottimista, ma è vero che dopo lo scandalo dei Panama leaks e seguenti, i paradisi fiscali sono diminuiti.

Oltre alle solite rampogne ai paesi ricchi che non fanno abbastanza per vaccinare il mondo, c’è un comodo briefing sui “colli di bottiglia” nel passaggio alle energie rinnovabili e un articolo intitolato “How green is my Draghi?” su come il ministro Cingolani intende spendere i 70 miliardi del Recovery Fund:

  • La Commissione [europea] ci metterà almeno un altro mese a pronunciarsi. Ma il verdetto degli ambientalisti è uscito ed è “damning”. Il Green Recovery Tracker, il progetto di due Ong tedesche che valutano i piani dei paesi UE, stima che soltanto il 16% della somma che l’Italia si aspetta dalla commissione aiuterà a contrastare il cambiamento climatico – la percentuale più bassa fra tutti i destinatari del fondo.

Il 16% rispetto al 37% richiesto dalla commissione, ‘ndiamo bene.

Si riduce al 13% se alla quota “verde” del RP si aggiungono quelle di React EU e dei fondi italiani del PNRR scrive il Green Recovery Tracker che mette il dito in un’altra piaga:

  • Inoltre troviamo che nell’insieme il 28% (€66,7 miliardi) può avere un impatto positivo o negativo sulla transizione verde. Dipende da come saranno implementate il misure rilevanti, il che illustra l’importanza di un controllo ulteriore durante la loro pianificazione e realizzazione.

Ma io ho insegnato sostenibilità all’università, potete fidarvi, dice il ministro all’Economist che non pare tanto convinto.

  • Il governo del Sig. Draghi ha introdotto una legislazione per semplificare la burocrazia che ha intralciato precedenti progetti energetici. Ma così facendo ha suscitato altre preoccupazioni.

Ah sì? Ci fa un esempio?

  • Una è che la semplificazione toglierà controlli necessari per prevenire la corruzione e l’infiltrazione mafiosa.

Ma che combinazione, i soliti beneficiati con le nostre tasse…

Su Science, Olga Dobrovidova racconta la reazione dei climatologi russi (soprattutto quelli al sicuro all’estero) a un altro leak:

  • Il mese scorso, in un documento visto da ScienceInsider, il Ministero degli affari esteri raccomandava di finanziare studi che consentissero alla Russia di promuovere punti di vista “alternativi” sul cambiamento climatico, e che “non implicassero necessariamente l’abbandono dei combustibili fossili e un limite della crescita industriale“.

Finora bastavano gli studi finanziati dalle Big Oil & Gas, russe comprese. Cosa sarà successo?

***

Il prato delle bufale

Rubrica occasionale, oggi ridotta a un vaso sul balcone per via di altri impegni. Ma di venerdì Leonid Schneider riassume il peggio dell’attualità scientifica, non ne sentirete la mancanza.

Pascal Richet, un negaiolo francese dell’effetto serra dei gas serra, ha pubblicato una boiata pazzesca su una rivista di cui è redattore – scrivevo una settimana fa. Dopo segnalazioni horrifiées dei climatologi di professione, all’articolo l’editore ha aggiunto un avvertimento e il link alla descrizione di quello che era andato storto nella peer-review. (h/t Gavin Schmidt)

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