O’s digest fiume dopo quindici giorni senza nemmeno un appunto. Sul clima, semmai ne faccio un altro meno deprimente dopo. Siete avvisati.
“Preferisco parlare di coraggio piuttosto che di speranza,” per dirla con Valérie Masson-Delmotte a proposito della sintesi per i decisori del VI rapporto IPCC. Va detto che è più facile trovare il coraggio quando il decisore è a capo di un partito unico autoritario.
Per esempio a Pechino nel 2002, il presidente Jiang Zemin inaugurava la conferenza internazionale del riso (in fanfara: ricercatori cinesi avevano sequenziato il genoma dell’Oryza sativa indica e l’avevano pubblicato su Science) informando genetisti e agronomi che entro una generazione dovevano aumentarne le rese di un terzo usando un terzo in meno di acqua, suolo e fitofarmaci o il governo non avrebbe garantito “l’ordine sociale”.

Mi aveva colpita anche perché sugli schermi laterali con la traduzione inglese, dopo c’era scritto “Applausi” e non pareva il caso.
Circa una generazione dopo, un approfondimento dell’Economist intitolato “La crisi globale del riso” riassume così un paper di Nature Food prima di citarne percentuali che combaciano con previsioni di Jiang Zemin:
- La domanda globale di riso s’impenna sia in Africa che in Asia mentre la resa ristagna e le terre, l’acqua e la mano d’opera necessarie scarseggiano. Ma il cambiamento climatico è una minaccia più grave. L’aumento delle temperature fa avvizzire i raccolti; alluvioni sempre più frequenti li distruggono [dopo cita anche l’innalzamento del livello del mare nel delta del Mekong]. La coltivazione del riso non è solo una vittima del riscaldamento globale, ne è anche una delle principali cause perché le risaie emettono molto metano, un potente gas serra. Il cibo che ha sostenuto la crescita del 60% della popolazione mondiale sta diventando una fonte di insicurezza e un pericolo.
L’AGW che rende più intensi e frequenti gli eventi meteo estremi mette in pericolo le risorse alimentari e quindi “l’ordine sociale”. In Tunisia dopo un decennio di crisi economica e quattro anni di siccità, scrive il Guardian,
- L‘ente statale di distribuzione dell’acqua, Sonede, ha già iniziato a tagliarla ogni notte tra le 21:00 e le 4:00 e ora il ministero dell’Agricoltura ha vietato di usarla per l’irrigazione, per annaffiare spazi verdi e altre aree pubbliche, e per lavare le auto.
Da leggere subito dopo, la ricerca di Elisa Savelli et al. su Nature Sustainability dal titolo eloquente: “Urban water crises driven by elites’ unsustainable consumption”. Elite i cui consumi spropositati sottraggono acqua ai quartieri poveri al Cairo come a Roma (fig. 1).
Da circa 70 anni, aumenta pure la frequenza delle “siccità lampo”. Arrivano all’improvviso, abbinate a brevi ondate di calore e/o venti insolitamente caldi. In pochi giorni prosciugano i suoli. Avvengono nei tre quarti delle terre abitate, di più nelle zone umide, anche se le conseguenze sono peggiori in quelle aride e semi-aride e per i piccoli contadini che non hanno i mezzi per irrigare. E’ in corso una “transizione globale” che sta accelerando, scrivono Xing Yuan et al. su Science, alla quale bisognerebbe prepararsi un po’ meglio. “Prospettiva” con le implicazioni.
In Lombardia e a Milano – dove al bar sotto casa e al mercato si parla di siccità da due anni – più che nel resto della UE, la siccità accresce le malattie cardiache e polmonari dovute all’inquinamento atmosferico da “polveri sottili”, ci siamo abituati. Come i cinesi che però indossano la mascherina.
Dal 2004, aumentano anche i decessi nei mesi più caldi, luglio e agosto, stando all’ultimo rapporto ISTAT (p.4):
- Un segnale, apparentemente inequivocabile, di quanto i cambiamenti climatici stiano assumendo rilevanza crescente anche sul piano della sopravvivenza, nel contesto di un Paese a forte invecchiamento.
Succede anche in India e in Pakistan dove la popolazione è mediamente molto più giovane e il clima più umido. “Le ondate di calore letali diventano più calde,” documenta un reportage dell’Economist:
- Le conseguenze del cambiamento climatico saranno orrende nella pianura indo-gangetica.
Lavorare all’esterno e nei campi è già “ai limiti della sopportazione umana.”
La siccità e conseguente inquinamento aumentano anche il rischio di tumori al polmone dovuti al PM2,5 perché innesca la proliferazione di cellule con un gene mutato (oncogene EGFR), presenti principalmente negli alveoli dei non fumatori, spiegano con esperimenti sui topi, modelli e analisi genetiche di pazienti, William Hill et al. su Nature. (Ottimo sunto in italiano.)

Come se non bastasse dopo tre anni di Niña che avrebbe dovuto rinfrescare le acque del Pacifico tropicale e non l’ha fatto, è in arrivo un Niño che stando ad alcuni modelli rischia di essere “super”, accompagnato dai soliti incendi, alluvioni, ondate di calore, siccità altrettanto “super”.
Perciò l’importante non è decarbonizzare ed elettrificare, risparmiare acqua ed energia o proteggere le città costiere. Eh no, qui o in Francia l’importante è criminalizzare le proteste non violente contro i non decisori e la solidarietà con le loro vittime.
Mi aspettavo una ricca discussione su https://www.replanet.ngo/post/open-letter-save-german-nuclear-power
Aspetto pazientemente
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Se ne discute su Twitter, ma non è il posto giusto per ragionare…
Di mio avevo già detto che trovo sbagliato buttar via una centrale se, con la dovuta manutenzione – impossibile a Fessenheim se ho capito bene i rapporti sulle “anomalie” – può funzionare per altri 10 o 20 anni senza fare danni.
Le chiusure anticipate mi sembrano uno spreco tanto più quando i soldi per le dismissioni si possono spendere per sistemare la rete (cf. il link “decarbonizzare ed elettrificare”) mentre cala il costo delle rinnovabili e quindi parte di quello delle dismissioni.
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