La settimana era iniziata con la morte di profughi dall’Afghanistan e dalla Siria davanti a Cutro. Coincidenza macabra, le riviste scientifiche parlavano di conflitti per l’acqua in passato – come in Siria dove una lunga siccità ha innescato la guerra civile – e in futuro nei paesi asiatici a sud del Tibet in regime di riscaldamento globale.

Nel frattempo in Italia e altri paesi UE c’è “l’allarme siccità”, quelle degli anni scorsi non avendo portato a mitigazioni né nazionali né europee.
In Ohio, ricercatori indipendenti denunciavano l’inquinamento dei corsi d’acqua dopo il deragliamento e l’incendio di un treno carico di prodotti chimici, seguiti da interventi dissennati per “diluire” l’inquinamento.
E all’Onu giovedì sembrava arenarsi di nuovo un trattato in fieri da quasi vent’anni per risolvere i conflitti suscitati dall’inquinamento e dal sovra-sfruttamento delle acque internazionali intese come mari e oceani. Ci credevo poco, ma è stato approvato ieri notte grazie a un contributo finanziario aggiunto all’ultimo minuto dalla Comunità europea… (nota)
Così l’O’s digest è più tematico del solito
- Water-related conflicts: definitions, data, and trends from the water conflict chronology [WCC] di Peter Gleick e Morgan Shimabuku, Enviromental Research Letters, è un primo tentativo di aggregare per categorie i dati dal 2300 a.C. a oggi – della WCC, per derivarne tendenze e priorità. Un lavoro coordinato da Peter Gleick da quando dirigeva il Pacific Institute e non esistevano ancora i Big Data e i software per analizzarli.
- Sullo stesso tema, Impact of the Russia–Ukraine armed conflict on water resources and water infrastructure, di Oleksandra Shumilova, Peter Gleick et al., Nature Sustanaibility.
- Oceanic climate changes threaten the sustainability of Asia’s water tower, di Qiang Zhang et al., Nature, è un tipico paper di fisica dell’atmosfera, metà osservazioni metà modello per interpretarle. Sull’altipiano tibetano – la “riserva d’acqua” dell’Asia – il deficit aumenta anche a nord, dove dovrebbe conservarsi maggiormente, perché – per dirla con Steph – “I cambiamenti nei flussi di umidità dalla parte del Nord Atlantico al largo dell’Africa sono corresponsabili dell’essiccazione osservata.” Mi ha colpito che alla fine del paper, gli autori – tutti cinesi – critichino implicitamente il governo cinese che finanzia decine di dighe foriere di conflitti, nei paesi asiatici a valle.
- Gli alberi in buona salute conservano l’umidità nei suoli, oltre a “stoccarci” carbonio. In Sub-continental scale carbon stocks of individual trees in African drylands, Nature, Compton Tucker e molti altri quantificano il carbonio in legno, fogliame e radici di ogni albero del Sahel per un totale di oltre 9,9 miliardi. Il carbonio più di quanto stimato dai modelli e la diagnosi “individuale” indica dove occorre rimediare al degrado dei suoli.
Fuori tema
- Vaccines for a sustainable planet è una strategia per la produzione ovunque e l’accesso a tutti dei vaccini per umani e animali, da inserire in una serie di Scopi dello sviluppo sostenibile, scrivono ricercatori famosi di enti pubblici e Big Pharma su Science Translate Medicine. Ben intenzionate, come le altre uscite dopo SARS, Ebola, Covid-19…
- Social media: Why sharing interferes with telling true from false è la recensione del paper di Ziv Epstein et al. su Science Advances. Nell’esperimento, i partecipanti ai quali si chiedeva se volevano condividere informazioni vere e false (senza distinguerle prima) sulle prime due ondate di covid in USA, diffondevano più falsità di quelli che ricevano le stesse info e decidevano di condividerle o meno. Solita differenza tra democratici e repubblicani (più complottisti). Ho qualche dubbio sul risultato, anche per via dei limiti descritti dagli autori…
Venerdì sono usciti gli short di Leonid Schneider, anche questa settimana con protagonisti italiani vecchi e nuovi…
Nota – agg, 06/03
Il trattato tutela la biodiversità nel 30% dei mari e oceani, metà delle acque internazionali definite dal trattato del 1982. Il 40% sono acque territoriali e della Zona economica esclusiva di uno stato che le sfrutta come vuole, a meno che non abbia aderito a convenzioni Onu – per es. quella di Washington sul commercio delle specie protette (CITES) – o regionali come quella di Barcellona per il Mediterraneo.