Nelle emergenze le notizie scientifiche mi sembrano appartenere a un altro mondo. Poco a poco smetto il doom-scrolling della cronaca, prima ricomincio a leggerle per vedere se parlano del disastro (Nature sì, le altre no), poi per non pensare al disastro e infine perché è un’abitudine che non vorrei perdere.
Vedo che su Twitter le notizie che ho linkato sono tante, cerco descriverle brevemente (OA sta per open access), cominciando dalle peggiori.
- Shared neural representations and temporal segmentation of political content predict ideological similarity, De Brun et al., Science Advances (OA). Volevo parlarne qui e mi ero dimenticata… L’ambizione era di dimostrare che nelle persone con la stessa ideologia i neuroni “rappresentano” nello stesso modo parole, come “aborto”, che suscitano emozioni diverse nei repubblicani e nei democratici. Può darsi, ma come si vede nel riquadro B della figura 2, le reazioni dei 22 repubblicani e dei 22 democratici sono tutte diverse tra loro, e la microscopica “tendenza” della somiglianza è solo un abuso della statistica.
- Safety of COVID-19 Vaccines in Patients with Autoimmune Diseases, in Patients with Cardiac Issues, and in the Healthy Population. Rassegna di articoli che dimostrerebbero la pericolosità dei vaccini, comprata da Loredana Frasca, Giuseppe Ocone e Raffaella Palazzo dell’Ist. Sup. Sanità, su un numero speciale per i dieci anni della rivista predona Pathogens (OA). Così scadente che – miracolo! – l’ISS ha protestato in un comunicato stampa. Reazioni indignate dei no-vax che spesso invocano la prima riga dell’art. 33 della Costituzione, non avendo mai letto le altre.
- Red flags for paper mills need to go beyond the level of individual articles: a case study of Hindawi special issues, preprint di Dorothy Bishop (dopo rischia di non essere in OA) su quanto rende all’editore Wiley (proprietario di Hindawi) la pubblicazione di paper spacciati da falsari, in particolare nei numeri speciali delle riviste. “Nel 2022 soltanto Computational Intelligence e Neuroscience hanno pubblicato in numeri speciali ben “2,980 articoli” in cambio di $2.550 cad., incasso totale: “$7.599.000.” Data la reputazione di MDPI penso che su Pathogens costino meno.
- The Spread of Retracted Research into Policy Literature, Dmitry Malkov et al., Quantitative Science Studies (OA per adesso). Gli articoli ritrattati sono citati lo stesso numero di volte in media, e più spesso “positivamente” quando hanno implicazioni per misure di sanità pubblica, come per raccomandare ancora oggi la dieta mediterranea e il vino rosso che previene i problemi cardiovascolari in base al paper farlocco di Estruch et al.
- Obtorto collo, il Lancet è stato costretto a “esprimere preoccupazione” per due paper del “chirurgo superstar” Paolo Macchiarini, che rifiuta tuttora di ritrattare nonostante le richieste dell’Ist. Karolinska e la condanna dell’autore in Svezia. Altri che andrebbero ritrattati su PubPeer…
- Negli short di Leonid Schneider, ci sono nuovi protagonisti italiani e la notizia – uscita sul Secolo XIX, nell’edizione online non l’ho trovata – che la ministra Bernini farà verificare le pubblicazioni prodotte da Francesco Squadrito, Alessandra Bitto, parenti e protetti all’università di Messina, grazie un finanziamento di 850 mila euro.
- L’OMS rinuncia ai suoi piani per studiare l’origine del covid, quindi del virus Sars-Cov-2, conferma Nature. Ai suoi esperti il governo cinese ha vietato l’accesso ai propri lab e ricercatori, senza badare al fatto che la maggior parte delle epidemie zoonotiche iniziano in Cina e che stabilirne la fonte contribuisce a prevenirne altre di cui i cinesi sono le prime vittime…
Fra i paper che andrebbero fatti girare nelle Ong:
- Socio-political feasibility of coal power phase-out and its role in mitigation pathways, di Greg Mutitt et al. Nature Climate Change (gratis, il preprint con un titolo meno diplomatico e un’impaginazione meno elegante…), una critica ai modelli degli economisti secondo i quali in Cina, India, Sudafrica ecc. i poveri devono presto smettere di bruciare carbone così i ricchi del “nord globale” hanno più tempo per ridurre le emissioni di gas serra. Punti chiave nei tweet di Greg Mutitt.
Sullo stesso tema: Contradictory coal data cloud China’s CO2 emissions ‘rebound’ in 2022, un’analisi di Carbon Brief.
- Rapid range shifts in African Anopheles mosquitoes over the last century di Colin Carlson et al., Biology Letters (OA). Una bella ricerca con i limiti spiegati bene. Insieme al clima, dal 1898 in Africa subsahariana cambia l’habitat delle zanzare portatrici della malaria (sulla cui incidenza ci sono dati dal 1898, come per il meteo). Gli autori ne traggono un modello “semplice” che suggeriscono di usare per verificare non tanto il legame clima-malaria (si sa già che oltre una certa temperatura il plasmodio non sopravvive), ma con altre febbri portate dalle zanzare, e per “identificare e affrontare i bisogni sanitari in popolazioni che stanno diventando vulnerabili”.

Questo sarebbe da girare ad associazioni per la difesa dei consumatori:
- “Our burgers eat carbon”: Investigating the discourses of corporate net-zero commitments, di Kristine L. Christiansen et al. su Environmental Science & Policy (OA). Siamo vulnerabili alle etichette “sostenibile”, “verde” e simili. In Svezia, Max vende hamburger che “mangiano carbonio” nel senso che l’azienda ne compensa le emissioni piantando alberi (forse gli offset e i crediti carbonio essendo inaffidabili) per cui sono a “zero emissioni nette”. Gli autori ricalcolano emissioni e offset. Anche prendendo questi ultimi per buoni i conti né tornano né giustificano la retorica di un marketing “aggressivo” che ha aumentato la quota di mercato dell’azienda senza renderla più climate-friendly della concorrenza.
In Italia gli autori sarebbero querelati dal ministro delle imprese e del Made in Italy.